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Lussuria - Seduzione e Tradimento

Pubblicato il 3 gennaio 2008 da Salvatore Salviano Miceli


Lussuria - Seduzione e Tradimento

Elegante e formalmente ineccepibile, il nuovo lavoro di Ang Lee, tornato a girare in Cina dopo l’escursione (alquanto fruttuosa in quanto a premi ottenuti) hollywoodiana. Lust, Caution, tratto dal racconto breve (da cui il regista riesce comunque a tirare fuori una pellicola di ben 156 minuti) di Eileen Chang sfrutta una trama da thriller di spionaggio all’interno dei classici canoni del melodramma. Il risultato, tornando all’incipit, è un film molto ben girato, attento nella ricostruzione storica e nelle molteplici relazioni che inevitabilmente coinvolgono tutti i personaggi. La firma di Ang Lee è chiaramente riconoscibile, nascosta dietro ogni piega della narrazione, in una direzione degli attori attenta nel non esporre mai l’interpretazione al di sopra della forte e complessa struttura narrativa della pellicola.
Seguendo l’arco temporale che va dal 1938 al 1942, in una Cina che dapprima avverte e poi si scontra con l’occupazione nipponica, Lee racconta il complotto di un gruppo di giovani attori teatrali atto ad uccidere, in nome della resistenza cinese, il signore Yee, un alto funzionario collaborazionista dei giapponesi. Sarà Wong Chia Chi, giovane attrice della compagnia, a dover stringere una relazione con Yee per strappargli prima la fiducia e poi la vita. Wong sacrifica la propria verginità alla missione lasciandosi prendere in una relazione sessuale che, dal torbido iniziale, finirà per sconvolgerla nei più nascosti sentimenti.
Le sequenze erotiche sono le più coinvolgenti e convincenti dell’intera pellicola. Lee racconta una carnalità sospesa tre eros e thanatos. La violenza della penetrazione fisica dilania i corpi in una danza quasi tribale, in una coreografia di corpi umani che giunge sino alla simbiosi dei sensi. Nel resto della narrazione, il regista procede, al contrario, secondo una linea elegantemente distaccata, lontana da qualsiasi ponte empatico con gli spettatori, destinando l’oggettiva bellezza formale della pellicola, frutto anche della fotografia di un ispirato Rodrigo Prieto, a cristallizarsi in un algido dipinto.
Lust, Caution nasconde tutte le peculiarità tipiche del cinema di Lee, caratteristiche che lo hanno reso uno dei più influenti autori asiatici e che rendono le sue pellicole immediatamente identificabili. Tra queste, anche un’eccessiva tendenza alla prolissità. Innamorato del gesto cinematografico e troppe volte incline a lasciarsi trasportare dal piacere della narrazione, il regista di Taiwan finisce anche questa volta (I segreti di Brokeback Mountain docet) per dimenticare l’esistenza di un qualsiasi limite temporale, ‘stirando’ la sua storia molto più del necessario. Dopo circa due ore di proiezione, inizia così una lunga attesa del finale; attesa scandita da innumerevoli piccoli epiloghi che si succedono sino alla definitiva conclusione che pare non volere mai arrivare. Vero è che chi ama il cinema di Lee spesso rimane affascinato da questo suo ampio e lungo respiro narrativo, ma lo stesso a volte appare francamente esagerato.
Lust, Caution resta un’opera godibile ma, non ce ne vogliano gli amanti di Ang Lee, non così fondamentale all’interno della sua filmografia. Per il resto, inutile cercare di fare pronostici. Si sa che Venezia spesso regala qualche sorpresa

(ndr. La recensione è stata scritta subito dopo la proiezione veneziana).


CAST & CREDITS

(Se, Jie) Regia: Ang Lee soggetto e sceneggiatura: Wang Hui Ling e James Schamus dal racconto di Eileen Chang; fotografia: Rodrigo Prieto; montaggio: Tim Squyres; interpreti: Tony Leung Chiu Wai (Mr. Yee), Tang Wei (Wang Chiah-Chin), Joan Cheen; produzione: Mr Yee Productions, Focus Features International; distribuzione: Bim; origine: Cina; durata: 156’


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