Mai per sempre
Già dal titolo, Mai per sempre pare seguire una logica circolare: la nuova pellicola di Fabio Massa, in effetti, si apre sul suo stesso epilogo. Vediamo un uomo chiedere a un altro di ucciderlo. Vediamo la mano di una donna sfiorare una parete bianca. Vediamo il mare, su cui poggia una sottile nebbia opaca. È su questi fotogrammi che l’intero film sviluppa la propria intelaiatura, svelando lentamente le carte necessarie a completare questa sorta di solitario. Il regista si dimostra particolarmente abile nell’alternare ombre e luci appartenenti ad una quotidianità del tutto anonima, creando un’atmosfera torbida dalla quale la narrazione riemerge solo per brevi istanti. Luca (Fabio Massa) è un uomo come tanti altri: ha un’officina, una famiglia benestante alle spalle, una compagna che lo ama e con cui progetta una vita serena. Eppure, fin dalle prime sequenze, capiamo che qualcosa si nasconde sotto la superficie di questa banalità così irreprensibilmente piatta. Ad esempio, il legame che intercorre fra il protagonista e sua madre Silvana (Cristina Donadio) ha un certo retrogusto morboso, originatosi forse da un lutto mai superato. Il passato riaffiora sotto forma di strani rimproveri e di sguardi torvi di cui nessuno, oltre ai diretti interessati, capisce il significato. Antonio (Emiliano de Martino), amico intimo e collega di Luca, non si prende mai troppo sul serio, nemmeno quando racconta ad alcune ragazze di essere appena uscito dal carcere. I personaggi scherzano, escono a cena, si innamorano solo per rimuovere temporaneamente parte di un passato comune a cui lo spettatore avrà accesso solo negli ultimi dieci minuti. La fidanzata di Luca, Maria (Yuliya Mayarchuk), tenterà di fuggire da un pericoloso fantasma e in particolare dal rischio di dover essere rimpatriata in Ucraina, suo Paese natale. Saverio (Gianni Parisi), cinico avvocato e nuovo marito di Silvana, può tranquillamente essere definito un tipo losco ma, ancora una volta, non ne conosciamo il motivo. Insomma, la cinepresa si limita a suggerire ipotesi senza fornire nessuna spiegazione aggiuntiva.
La Napoli immortalata da Massa, già di per sé plumbea e priva dell’identità specifica che tanto ne caratterizza i tratti somatici, diventa sempre più fosca a mano a mano che ci si riavvicina alla resa dei conti. La classica goccia che fa traboccare il vaso è inscritta nella figura di Livio (Massimiliano Rossi), ex di Maria dalla personalità instabile: i risvolti della sua comparsa sono, purtroppo, facilmente intuibili. E difatti, proprio l’aggressione di Livio alla sua vecchia amante libererà la tensione accumulatasi fino a questo momento. A celare un trascorso oscuro non è soltanto la bella fidanzata di Luca, e il tragico episodio darà il via ad un inarrestabile effetto domino da cui non sembra esserci scampo. La sensazione è quella di osservare una nube che all’improvviso si trasforma in temporale: volente o nolente, ognuno si ritroverà sotto la pioggia, bagnato fino all’osso. L’autore costruisce una costellazione i cui rami rimangono occulti in attesa del climax finale, il quale ha tutte le sembianze di un fato avverso che nessuno può evitare. Si ha l’impressione che i personaggi non riescano a scappare da sé stessi e che, in fondo, una vera salvezza nemmeno gli interessi: Maria non fa nulla per liberarsi di Livio, così come Silvana non si svincola mai dalla colpa che la avvinghia al suo attuale compagno. Le vicende perdono concretezza a mano a mano che la storia si riconnette affannosamente al prologo-epilogo: l’improvvisa inquietudine di Antonio, la rabbia di Luca, la gelida disperazione di Saverio risulterebbero molto più credibili se il regista avesse donato maggiore spessore psicologico alle sue creature. Nel tentativo di produrre tensione, il film s’attorciglia su sé stesso, finendo per sbrogliare i propri nodi narrativi solo in prossimità dei titoli di coda. Eppure, al di là della bizzarra (e a volte un po’ stucchevole) commistione fra commedia e noir, la pellicola parla un linguaggio onesto senza ricorrere a comodi orpelli e la trama avanza piacevolmente, permettendo alle tessere del domino di rovesciarsi svelte senza particolari intoppi o fastidiose pause.
INTERVISTA a Fabio Massa di Edoardo Zaccagnini
Dopo aver girato ed essere stato apprezzato in diversi festival di cinema, esce nelle sale il secondo film di Fabio Massa, Mai per sempre . Abbiamo incontrato il regista, anche co-sceneggiatore e protagonista del film, per farcelo raccontare partendo proprio dall’idea di partenza dalla quale è nato.
E’ l’esigenza di raccontare i coni di luce e di ombra possibili in ognuno di noi. Quando incontrai Demetrio Salvi, il mio co-sceneggiatore, per scambiare idee sul mio secondo film, avevo appuntata in un foglietto solo l’ultima scena di quello che poi sarebbe diventato Mai per sempre. Da lì il percorso è stato a ritroso, scavando per cercare i demoni di ogni personaggio che veniva fuori. Più tardi, grazie alla collaborazione con Diego Olivares, il film ha preso più slancio ed è diventato più sociale.
Sempre un film di genere, però...
Certamente. Che parte dalla commedia per arrivare ad una sorta di noir.
Che strada avete percorso finora?
Al momento il film ci ha dato tante soddisfazioni: bloccato dal lockdown (doveva uscire il 16 aprile 2020) ha partecipato a tanti festival nazionali ed internazionali portando a casa oltre 30 premi! Ora aspettiamo il buio della sala e il viaggio più importante....
Che film è Mai per sempre?
Mi piace usare le parole con cui l’ha definito Elettra Ferraù, responsabile dell’annuario del cinema: "un film forte, crudo e a tratti struggente".
E che storia racconta?
Una storia di amicizia, di amore e di eterna lotta tra bene e male. C’è Luca, un ragazzo napoletano di famiglia benestante che cerca una felicità fatta di famiglia e lavoro onesto. Per questi sogni ha lasciato la sua città e ha aperto un’officina meccanica con il suo miglior amico, Antonio, e si è innamorato di Maria, che è ucraina, e con la quale tutto sembra possibile; ma il passato torna a chiedere il conto e sulla strada per la felicità di Luca si mettono molti ostacoli. Tutto, piano piano, si trasformerà in un rimorso, perché “Non doveva andare così..“
Il film è parlato con accento napoletano ma è ambientato su uno sfondo astratto, composto da inquadrature strette. Come a non voler cristallizzare unicamente il racconto su quel territorio. Come mai questa scelta?
Per non collocare geograficamente la storia! Sono convinto che Mai per sempre sia un film dal carattere universale. Potrebbe svolgersi tranquillamente in ogni zona del nostro paese (e non solo!). Un momento di riflessione che definirei nazionale su argomenti che, purtroppo, sono cari nella nostra società: violenza sulle donne, una certa malavita silenziosa, tradimenti ma anche voglia di riscatto, amicizia e amore.
Il film possiede un buon ritmo dall’inizio alla fine. Quanto hai lavorato in questo senso? Quanto hai cercato di creare tensione? Sono contento che questo aspetto del film sia ben visibile. Il lavoro del mio montatore, Davide Franco, è stato un lavoro certosino, per certi versi rischioso: lo scopo era di tenere lo spettatore incollato alla sedia, dargli degli spunti, stando lontani da ogni happy ending di sorta! Volevano un film che fosse un pugno allo stomaco, in scrittura, sul set e in montaggio.
Il film è costruito attraverso un ottimo cast tra cui tu stesso che oltre a dirigere reciti. Quanto è stato complicato mettere insieme questi due aspetti del lavoro?
Ho avuto la fortuna di dirigere un cast davvero eccezionale. Un cast di attori (Cristina Donadio, Gianni Parisi, Gianni Ferreri, Massimiliano Rossi, Massimo Bonetti, Yulya mayerchuk, Emiliano de Martino e Benedetta Valanzano) che hanno dato il cuore per questo film! Per quanto mi riguarda sono abbastanza abituato al doppio lavoro regista/attore. Ogni esperienza è sempre più una sfida, un momento di crescita importante!
Il finale è amaro, non di speranza. Esiste un aspetto di denuncia nel film?
Il pugno allo stomaco di cui parlavo è un climax che trova il suo culmine proprio nella scena finale. Però non è una denuncia. Il film vuole fornire spunti di riflessione, mette a nudo delle dinamiche possibili, che esistono, contro cui, probabilmente, nella vita qualcuno di noi ha dovuto scontarsi e fare i conti.
Ma dobbiamo leggerci dentro contenuti politico/sociali o dobbiamo fermarci a un cinema di genere che vuole prima di tutto emozionare?
Direi la seconda. Ho co-scritto e diretto questo film pensando di offrire al pubblico una forte carica emotiva. Questo è stato il primo, vero intento. Il mio è un cinema sociale nella misura in cui lo intendiamo come tematiche che fanno parte della nostra vita, ma non amo portare avanti sottotracce politiche non dichiarate. Questa storia è solo da intendersi come una volontá personale, la mia e di coloro che hanno lavorato a questo progetto, di porre attenzione su alcuni aspetti e magari rifletterci su.
In bocca al lupo.
(Mai per sempre); Regia: Fabio Massa; sceneggiatura: Fabio Massa; fotografia: Rocco Marra; montaggio: Davide Franco; interpreti: Gianni Parisi (Saverio), Cristina Donadio (Silvana), Fabio Massa (Luca), Emiliano De Martino (Antonio), Yuliya Mayarchuk (Maria), Benedetta Valanzano (Sara), Tony Campanozzi (Antonello), Gianni Ferreri (Don Michele), Massimiliano Rossi (Livio), Massimo Bonetti (Sindaco), Lucia Batassa (Dora); produzione: Goccia Film, Antracine, Vertigo Film, Nicheco Holding, Centodue service, Giustemply; origine: Italia 2019; durata: 100’.