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MARIE ANTOINETTE

Pubblicato il 18 novembre 2006 da Fabiana Proietti


MARIE ANTOINETTE

A questo punto non si ha più il timore di dirlo: Sofia Coppola è brava. Anzi, di più: è lo sguardo femminile più originale degli ultimi anni. Con il suo nuovo lavoro, Marie Antoinette - ricostruzione in chiave di opera rock della vita della celebre regina franco austriaca - ha dato la decisiva conferma del suo talento, cimentandosi nella difficile prova del biopic restando però fedele a un’estetica e una poetica molto personali.
La sua Marie Antoinette è una diva-bambina, fanciulla lieve e disorientata come le protagoniste dei film precedenti, la Charlotte in perenne jet lag di Lost in Translation e la suadente, fascinosa Lux de Il Giardino delle Vergini Suicide.
La prima parte del film - a prima vista più “corretta” e seriosa - ne ripercorre il passaggio da individuo privato a personaggio pubblico: la cerimonia di denudazione al confine tra Austria e Francia, con la giovane delfina nuda al centro dell’inquadratura, simboleggia l’attraversamento di un’ipotetica linea d’ombra; nella seconda invece - a trasformazione ormai avvenuta - lo stile si adegua al personaggio e il film si lascia andare, sprigionando una carica eversiva e sensuale pari a quella della sua protagonista.
I capricci della star - dolci e fiumi di champagne, gioco d’azzardo, abiti sontuosi e parrucche improbabili - trovano il loro corrispettivo filmico in un tripudio di rosa shocking, di colori pastello alterati dall’impagabile fotografia di Lance Acord - ancora una volta complice della Coppola dopo i neon notturni di Tokyo - e nel montaggio trascinante, a tempo di rock.

Celebrazione di una giovinezza sfuggente, cristallizzata in attimi di assoluta felicità - la festa mascherata, la corsa nei giardini di Versailles per aspettare l’alba - Marie Antoinette è un’ulteriore tappa raggiunta dall’autrice nella ricerca di un linguaggio “privato”, epidermico, una sintesi armonica di immagine e musica, di un’emotività raramente raggiunta nel cinema attuale.
Malizioso e fragile, sensuale e pieno di grazia, il cinema di Sofia Coppola è un distillato di sensazioni opposte, un cinema rarefatto che ritrova il coraggio di esprimersi essenzialmente tramite l’immagine, diradando i dialoghi e concentrandosi sul non detto, sugli sguardi, i sospiri, i desideri negati. Così il finale, che riporta bruscamente alla Storia, racconta la Rivoluzione, il tramonto di un’epoca e di un intero mondo in una sola battuta, un’unica inquadratura.
Inspiegabile l’insuccesso all’ultimo festival di Cannes dove però il rifiuto, anni fa, di un’opera straordinaria come La nobildonna e il duca di Rohmer, fa nascere un lecito sospetto: quello di un contesto e una critica talmente condizionati dalla Storia nazionale e dall’ideologia da rasentare la cecità.

(Marie Antoinette) Regia, sceneggiatura: Sofia Coppola; soggetto: da Marie Antoinette: A Journey di Antonia Fraser; fotografia: Lance Acord; montaggio: XXX; musiche: Brian Reitzell; scenografia: KK Barrett; costumi: Milena Canonero; interpreti: Kirsten Dunst (Marie Antoinette), Marianne Faithfull (Maria Teresa d’Austria), Jason Schwartzman (Luigi XVI), Judy Davis (contessa di Noailles), Asia Argento (Madame Du Barry); produzione: Columbia Pictures Corporation, American Zoetrope; distribuzione: Sony Pictures Releasing; origine: Usa 2006; durata: 123’; web info: sito ufficiale

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