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Martyrs

Pubblicato il 10 giugno 2009 da Giampiero Francesca


Martyrs

Martire: chi sopporta sacrifici, pene, supplizi, soffre tormenti e sacrifica anche la vita.

Martyrs di Pascal Laugier si pone quindi, sin dal titolo, come un’opera violenta e spietata. Un horror che fa della brutalità la chiave formale per raccontare il percorso di martirizzazione di due giovani ragazze. Una violenza spietata ma ripetitiva, fatta di percosse e privazioni, priva della giusta dose di fantasia che rende questi moderni splatter più intriganti e divertenti.

Presentato come un’opera estrema, tanto atroce e cruenta da far scappare le attrici alla sola lettura della sceneggiatura, Martyrs risulta godibile più per l’idea generale della pellicola che per il suo truce contenuto. Lo spunto iniziale - raccontare una fantomatica setta dedita alla martirizzazione di giovani donne a fine escatologico - è infatti una trovata interessante per un genere sempre alla ricerca di nuovi spunti. Un’idea questa che però, diluita in ora e mezza di torture, rischia di perdere la sua efficacia iniziale. Nonostante i tentativi di Pascal Laugier di sviare lo spettatore con una struttura narrativa ad incastro, la ripetitività e, a tratti, la prevedibilità delle svolte narrative pesano in modo decisivo sulla riuscita del film.

Evidentemente influenzato dalle varie correnti dell’horror contemporaneo, il regista costruisce una pellicola sostanzialmente divisa in due parti: la prima costruita a immagine e somiglianza di un J- Horror, la seconda sulle tracce dei successi di Hostel. La prima metà di Martyrs è quindi un film d’atmosfera, di non visto, di paura incombente ma spesso non presente; un film d’attesa, di silenzi, di vuoti, di incubi interiori che si materializzano, in momenti di sanguinosa violenza, sotto forma di fantasmi. Forme antropomorfe provenienti dagli inferi, dalla pelle segnata, che si muovono, contorcendosi in pose disumane, fra urla e rumori bestiali. Un cinema che ricorda quello di Hideo Nakata e Takashi Shimizu, dei loro The Ring e Ju-On. Un cinema diametralmente opposto a quello di Eli Roth, a cui Laugier fa riferimento nella costruzione della seconda parte di Martyrs. Se nella prima parte infatti si manifestano fantasmi dell’inconscio nella seconda sono le realissime violenze umane a farla da padrona. Gli spazi vuoti, i silenzi, le attese del J-Horror si tramutano in angusti e claustrofobici corridoi, celle e catene in cui carcerieri attrezzati da macellai si cimentano in una vasta gamma di torture. Calci, pugni, schiaffi, sangue a fiotti, la violenza irrompe in scena diventando la protagonista assoluta. Nulla viene risparmiato allo spettatore. La fantasia perversa che però arricchiva di agghiacciante divertimento le pellicole di Eli Roth, i trapani, le falci, gli strumenti inconsueti, e perciò divertenti si riducono in una lunga sequela di percosse, tutte uguali fra loro. Senza questa chiave bizzarra e, a suo modo ironica, la pellicola rischia di scivolare, alla lunga, in un noioso susseguirsi di violenze.

Buona l’idea dunque, e buona, almeno nelle intenzioni, la scelta stilistica di variare di tono in modo così radicale all’interno della pellicola. Un film omaggio al cinema horror, per stessa ammissione del regista, che ammicca si a Shimizu e Roth, ma anche a Fulci e Argento. Un’opera però riuscita solo in parte che certo non convince né delude completamente. Paradossalmente le giovani donne di Laugier avrebbero meritato una violenza più audace e calcolata, un supplizio più divertito e divertente perché non bastano sangue e botte per delle martiri così.


CAST & CREDITS

(Id.); Regia e sceneggiatura: Pascal Laugier ; fotografia: Stéphane Martin, Nathalie Moliavko-Visotzky; montaggio: Sébastien Prangère; musica: Sepuku Paradigm; interpreti: Morjana Alaoui (Anna), Mylène Jampanoï (Lucie), Catherine Begin (la signora), Robert Toupin (Il padre); produzione: Canal +, Ciné Cinémas, Canal Horizons; origine:Francia, 2008 ; durata: 97’


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