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Material Girls

Pubblicato il 3 agosto 2007 da Fabiana Proietti


Material Girls

Criticare un film come Material Girls è come sparare sulla croce rossa. Parlarne bene, del resto, impossibile, qualora si abbia più di tredici anni. Meglio allora ripiegare sulla sociologia, sul costume, sulla cultura pop (o sul gossip più spicciolo) a cui il film pare prestarsi meglio. La trama è presto detta: le sorelle Marchetta – un nome che è tutto un programma, almeno per il pubblico italiano – sono belle ma soprattutto ricche. Ma quando la loro azienda cosmetica rischia di colare a picco in seguito all’accusa della commercializzazione di un prodotto dannoso per la salute, le due giovani si danno da fare per risollevare le sorti dell’azienda di famiglia e riabilitare il proprio nome.
Non si vuole condannare a priori il film per adolescenti: solo un paio di stagioni fa la cricca del Saturday Night Live aveva sfornato una graziosa e pungente commedia, Mean Girls, interpretata da una Lindsay Lohan pre- Bobby e pre- Radio America, satira di costume sulla giungla di adolescenti pericolosamente fashion. Il lato più leggero e comico di un fenomeno allarmante affrontato anche da Van Sant che si soffermava sul gruppo di adolescenti bulimiche durante una delle tante traiettorie lungo i corridoi del liceo di Elephant.

Ogni spunto interessante è invece espulso con ribrezzo – guai a voler fare degli intellettualismi! – dalla pellicola che ha per protagoniste le sorelle Duff, eterne debuttanti, mediocri cantanti e attrici e quindi sempre in mostra. Se Halye, che pure è la maggiore, ha al suo attivo solo una particina nel nerd-cult Napoleon Dynamite e qualche puntata di Settimo Cielo, la starlette più in vista è la più giovane di casa, Hilary, già ‘lanciata’ da Cinderella Story e Nata per vincere, che le hanno valso belle candidature ai Razzie Awards.
Fedeli alla logica del ’Volere è potere’ o del Girl Power di spicegirliana memoria, le Duff ci riprovano – ah l’intramontabile fascino del cinema! – con dei ruoli familiari, improntati proprio alle gesta della Young Hollywood di cui le due ‘attrici’ sembrano far parte.
Chiunque abbia un po’ di familiarità col gossip d’oltreoceano non potrà fare a meno di notare come le sorelle Marchetta di Material Girls siano ispirate al modello offerto dalle ereditiere più famose del nuovo millennio: le sorelle Hilton – Paris e Nicky – trend setters o regine del kitsch, immancabilmente (e inspiegabilmente) occhieggianti dalle copertine di ogni rivista americana e, ahinoi, europea. Il coté imprenditoriale sembra invece omaggiare le gemelle Olsen, titolari sin dalla più tenera età di un marchio aurifero che pone le due adolescenti tra le donne più ricche e potenti degli Usa.
Quest’inquietante invasione di sorelle che tentano la strada del successo in coppia, a mo’ di offerta da supermercato ‘paghi una e prendi due’(oltre a quelle già citate, anche le Simpson – Jessica e Ashley - e le Spears, con Britney seguita a ruota da Jamie Lynn) è rappresentata al meglio dalla pellicola delle Duff, che perde progressivamente i tratti propri della narrazione cinematografica, sia pure come leggero intrattenimento, per diventare un mega-spot di 90 minuti, trampolino di lancio per il profumo che vede Hilary (più nota come la Lizzie McGuire di Disney Channel) come testimonial.

Il film cessa di esistere come racconto per offrire ad adolescenti plasmabili a piacimento dai media vestiti e trucchi, come se sfogliassero le pagine di un magazine per teen agers: del resto, in Material Girls, anche quando cadono in disgrazia le due pulzelle vantano un look curatissimo, che le giovanissime possono memorizzare e copiare, comprando magari capi d’abbigliamento della linea di moda lanciata, tanto per cambiare, dalla giovane attrice.
Film come spot, come catalogo di moda: in tal senso non c’è alcuna differenza tra il film e il reality che ha per protagoniste – tra uno scandalo per droga e anoressia, passando per brevi sedute in carcere – Paris Hilton e Nicole Richie, Simple Life, dove le due figlie di papà devono svolgere lavori manuali e faticosi spostandosi per la provincia americana, a bordo di un camper rosa shocking, pacchiano come loro.
Entrambi privi di una vera e propria trama, sia il film delle Duff che lo show di Hilton/Richie sono basati su un canovaccio imbastito per far risaltare la sostanziale vacuità delle protagoniste spacciandola per merito, per seducente savoir faire di questi parvenus, ricchi e cafoni.
Ogni epoca ha i miti che merita. E se gli Usa di oggi, dopo aver sfornato icone immortali come Marylin o James Dean, devono fare i conti col muso equino delle sorelle Duff, o lo sguardo tonto di Paris Hilton, siamo proprio al declino dell’impero – mediatico – americano.


CAST & CREDITS

(id.) Regia: Martha Coolidge; sceneggiatura: John Quaintance, Jessica O’ Toole, Amy Rardin; fotografia: Johnny E. Jensen; montaggio: Steven Cohen; musiche: Jennie Muskett; costumi: Van Broughton Ramsey; interpreti: Hilary Duff (Tanzie Marchetta), Halye Duff (Ava Marchetta), Anjelica Houston (Fabiella), Lucas Haas (Henry Baines); produzione: Material Girls Productions LLC, Maverick Films, Patriot Pictures LLC, Rafter H Entertainment; distribuzione: DNC; origine: Usa 2006; durata: 97’; web info: sito ufficiale


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