MIAMI VICE

Il 18 settembre 1984 andava in onda sulla rete televisiva statunitense Nbc la puntata pilota della serie Miami Vice, alla regia Anthony Yerkovich e con Michael Mann come produttore esecutivo (di fatto mente e curatore della serie nonostante non abbia mai curato la regia di alcun episodio e ne abbia scritto appena una sceneggiatura). La serie sarebbe stata un successo straordinario capace di rivoluzionare completamente il concetto stesso di serie tv.
Oggi, quasi ventidue anni dopo e a parti invertite la coppia Mann-Yerkovich riporta sul grande schermo le avventure dei due poliziotti di Miami e lo fanno con un’efficacia eccezionale.
In seguito all’assassinio di due agenti del F.B.I. e della famiglia di un informatore, viene chiesto ai due poliziotti, esterni all’agenzia, Sonny Crockett (Colin Farrell) e Ricardo Tubbs (Jamie Foxx), specializzati in missioni sotto copertura, di infiltrarsi nella rete criminale per scoprire la fuga di notizie e per incastrare i trafficanti. Presto i due si troveranno a gestire una delicata e pericolosa operazione antidroga che...
Punto di partenza per l’analisi di quest’opera è necessariamente la serie originaria: pur distaccandosene apertamente, il film ne è contestualmente un ampliamento se non addirittura un approfondimento.
Se infatti è dichiarata, per voce dello stesso regista, la volontà di chiudere con la serie escludendo a priori tutti quei stilemi estetici caratterizzanti la serie stessa, va asserito che i contenuti analitico-narrativi sono pressoché gli stessi, come la seduzione del maligno o l’analisi della violenza e del dolore. Numerosi sono comunque i rimandi al passato come la scena della vendetta finale, pressoché identica tra il film e il pilot originale, in cui lo stesso Ricardo Tubbs ha di fronte ai propri occhi l’uomo per cui chiede vendetta e come invece questa si risolve diversamente rispetto al passato.
Altra protagonista della storia è Miami, splendidamente fotografata da Dion Beebe che, già a fianco di Mann in Collateral, mostra in antitesi e in maniera assolutamente inconsueta l’immaginario comune. Ripresa quasi esclusivamente di notte, la città viene evidenziata grazie anche al sontuoso uso dell’alta definizione digitale, nel suo moderno degrado, sporca, ruvida, fredda, illuminata appena dalle luci al neon e dai riflessi dei grattacieli di cristallo e acciaio che la dominano.
Grazie ad una solida sceneggiatura, Mann realizza un film teso, serrato, autentico in cui ogni dettaglio, ogni singola azione dei personaggi risulta essere veritiera. Questo è dovuto all’assoluta dedizione dell’autore che ha immaginato, organizzato e diretto la scena. Nulla è lasciato al caso: la preparazioni degli attori, la raccolta delle informazioni e la minuziosa attenzione con cui è stata preparata ogni singola inquadratura, portano Miami Vice ad essere un’opera ultra-realista.
Aspetto innovativo della messa in scena è l’utilizzo che il regista fa degli elementi naturali come il mare e il cielo, che assumono un senso di ambiguità, di un altrove pericoloso, dove il pericolo è evidenziato dai tuoni notturni o da uno sguardo verso l’orizzonte, verso il Sud America che amplifica la carica empatica, l’enfasi emotiva. Sono infatti sufficienti questi pochi elementi per creare una tensione narrativa nello spettatore unica e disarmante.
Accurata e significante è l’attenzione che il regista dedica ai suoi personaggi principali modellandoli e amplificandone le gesta: essi agiscono infatti muovendosi in un ambiente ostile permeato di insidie, ma in cui si trovano a loro agio, in bilico tra due realtà e due conseguenti stili di vita. Questi criminali-poliziotti agiscono al limite dell’impossibile ma non c’è un solo momento del film in cui questo agire non sembri assolutamente veritiero e attendibile. Ciò è dovuto anche alle ottime interpretazioni di tutti i personaggi e al grande lavoro di Mann che orchestra con maestria tutta l’opera.
In definitiva possiamo asserire che Miami Vice è un ottimo film, in cui l’artefice, attraverso il tessuto di un avvincente action-triller, vuole approfondire l’ambiguità, l’incertezza che è il vivere al limite, senza mai mentire allo spettatore, senza mai imbonirlo e portandolo fino alla fine, concludendo quel discorso rimasto aperto per quasi vent’anni.
Usa, 2006
Regia: Michael Mann; soggetto e sceneggiatura: Michael Mann; fotografia: Dion Beebee; montaggio: William Goldenberg, Paul Rubell; musica: Klaus Badelt; scenografia: Victor Kempster; costumi: Michael Kaplan, Janti Yates; interpreti: Jamie Foxx (Ricardo Tubbs), Colin Farrell (James Crockett), Gong Li (Isabella), Naomie Harris (Trudy Joplin), Luis Tosar (Montoya), Ciaran Hinds (Agente Fujima), Eddie Marsan (Nicholas); produzione: Michael Mann, Pieter Jan Brugge; distribuzione: UIP; durata: 134’.
