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Mius by minus

Pubblicato il 6 novembre 2010 da Arianna Pagliara


Mius by minus

(X) Regia: Hajime Izuki; sceneggiatura: Izumi Matsuno, Hajime Izuki; fotografia: Futa Takagi; montaggio: Hajime Izuki; scenografia: Setsuko Shiokawa, Mai Higuchi; musica: Masayuki Moriya; interpreti: Shunsuke Sawada, Minako Kotobuki, Shouka Ohshima, Yoko Chosokabe; produzione: Hajime Izuki (Giappone); origine: Giappone; durata: 120’.

Opera prima del giovane regista giapponese Hajime Izuki, presente in sala per la proiezione in anteprima mondiale, X racconta le solitudini e le difficoltà di un gruppo di personaggi: un autista, una giovane donna e due ragazze adolescenti. Si tratta di storie parallele che avvengono allo stesso tempo e negli stessi luoghi. Senza conoscersi, i protagonisti si sfiorano, ma non possono vedere gli uni il dolore degli altri.
Le premesse ideali del film sono buone, e anche la volontà del regista di filmare silenzi e tempi morti per svelare l’intimità dei protagonisti. Tuttavia, lo stile eccessivamente rarefatto del film non è supportato né da una recitazione coinvolgente né da un’eloquenza delle immagini, che invece spesso appaiono piatte e scialbe, anche a causa di una fotografia sbiadita che porta (volutamente) in primo piano certi difetti del digitale.
I passaggi più riusciti restano quelli in cui vediamo a tu per tu l’autista Takeshi e la sua bizzarra cliente, che tra curiosità e ironia si studiano davanti a un gioco da tavola, e poi quelli in cui si confrontano le due amiche adolescenti, una della quali si sente responsabile della separazione dei propri genitori. Suggestiva la breve sequenza che le vede vicine, schiena contro schiena, in piedi in un campo da basket deserto, gli occhi rivolti al cielo. Una telecamera che per il resto del film appare come un occhio distratto che raccoglie sbadatamente frammenti di realtà, ora si impadronisce dell’immagine e ruota vorticosamente attorno alle bambine, colte nella loro spontaneità più sincera.
Nel complesso, i difetti che si possono imputare a questa opera prima appaiono tuttavia come scelte volute e consapevoli, nel senso che non si tratta di non saper gestire la materia filmica in maniera coesa ed equilibrata, come potrebbe accadere nel caso di un esordio, quanto piuttosto di una scelta di campo, se si vuole anche coraggiosa e di sicuro estrema, ma che tuttavia rende X un film appetibile solo per certi palati. Se l’idea dei piani temporali sfasati e intrecciati in virtù di una contemporaneità dell’azione - che lo spettatore comprende solo man mano che il film si sviluppa – è interessante e in qualche modo seduce, la dilatazione dell’azione finisce alla lunga per essere esasperante. E’ un tipo di film insomma che se per alcuni spettatori emana fascino e poesia nella sua delicatezza, per altri di sicuro stanca e non emoziona.


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