Mortdecai

Il momento migliore potrebbe ritagliarsi il suo spazio nell’estetica del protagonista; un alligatore dandy che sguazza tra slanci ironici e corse contro il tempo, rimbalzando di fatto da un continente all’altro e ingabbiato tuttavia in una scrittura paludosa e fiacca; sull’altra sponda i suoi compagni di viaggio rivelano poca originalità e, vanesi, si limitano al compitino.
Charlie Mortdecai è un mercante d’arte vizioso, narciso, ironico e malandrino. Innamoratissimo dell’algida moglie Johanna e continuamente braccato dal ficcanaso Ispettore Martland, il nostro attraversa un periodo di vacche magre e si consola con il suo stile impeccabile e i baffi stile Ottocento. A sovvertire lo status quo ci pensa una famosa tela di Goya che, come rimbalza dall’ambiente cinico dei collezionisti, potrebbe nascondere un codice bancario di un tesoro appartenuto ai Nazisti. A Mortdecai non resta che tuffarsi nell’affare tra truffe, fughe e colpi di scena.
L’idea di costruire una storia innervando il tutto non con le gabbie di genere, viceversa con un pamphlet di stili, che vanno dalla spy story all’action movie passando per la commedia brillante, si sarebbe potuta rivelare un’idea vincente. Le premesse poi poggiavano su un cast di primo livello, anche se molti fan di Johnny Deep attendono da tempo un ritorno di fiamma dopo gli ultimi fiaschi al botteghino. Il problema di questo film sta nella sua condizione larvata, in cui l’ironia tipicamente britannica dei protagonisti, come il gioco continuo sui baffi che innesca la castrazione tra Mortdecai e Johanna, viene percepita sempre come forzata, eccessivamente artificiosa. La regia si ispira a Guy Ritchie per alcuni strappi di montaggio, e crolla insieme alla sceneggiatura nel momento topico del film, quando inizia la corsa contro il tempo e i personaggi dovrebbero prendersi delle responsabilità e non rimanere fermi, bloccati nel cliché dei primi quindici minuti.
Alla fine della pellicola rimane un senso di vuoto, una sorta di delusione per mancati passaggi e inalveamenti che avrebbero potuto rendere la pellicola un film di qualità. A restare nella mente c’è il titolo, quel Mortdecai che nasce dalla penna di Kyril Bonfiglioli e che una volta fatto nostro propone l’immagine di Deep, del suo stile impeccabile; speriamo che i tanti vestiti di scena, come Ugo Tognazzi versione Il Vizietto, possano rinforzare il guardaroba di un grande ma confuso trasformista hollywoodiano.
(Mortdecai); Regia: David Koepp; sceneggiatura: Eric Aronson, Kyril Bonfiglioli; fotografia: Florian Hoffmeister; montaggio: Derek Ambrosi, Jill Savit; musica: Mark Ronson, Geoff Zanelli; interpreti: Johnny Deep, Gwyneth Paltrow, Paul Bettany, Ewan McGregor, Jeff Goldblum; produzione: Mort Productions, Infinitum Nihil, Mad Chance Productions, OddoLot Entertainment ; distribuzione: Adler Entertainment; origine: USA, 2015; durata: 107’;
