Mosse Vincenti

Mosse Vincenti, un lungometraggio che parla di sport e crisi, lo scorso gennaio ha riscosso molto successo al Sundance Film Festival.
Un Paul Giamatti in formissima, ma questa non è affatto una novità, ci mostra un piccolo avvocato della provincia americana, Mike Flaherty, che ormai privo di clienti e con debiti e bollette da pagare, chiede alla corte degli Stati Uniti di poter essere nominato tutore del suo unico assistito (un bravissimo Burt Young), affetto da demenza senile. Così facendo avrà diritto ad un assegno di sussistenza di 1500 dollari con l’unica condizione di accudire l’anziano Leo a casa sua e di non trasferirlo in una casa di riposo. Mike però, pur essendo sostanzialmente una persona buona, corretta ed onesta, decide comunque di trasferire Leo in una casa di cura, senza dire nulla alla Corte né alla propria famiglia. Un giorno, di ritorno dall’ufficio, trova davanti la porta di casa Kyle, giovane nipote del suo assistito, che stufo di abitare con una madre tossica ed alcolizzata va alla ricerca di suo nonno e viene quasi immediatamente "adottato" da Mike e sua moglie. Il giovane, silenzioso e misterioso, dimostra di essere un ottimo lottatore di wrestling, hobby e passione giovanile di Mike che con poco successo allena la squadra di lottatori della propria città. Ciò legherà molto i due i quali proveranno a trasformare una squadra di "inetti" in ragazzi vincenti e ad arrivare a lottare per il titolo nazionale. Fino a quando nelle loro vite non si presenterà Cindy, alla ricerca dei soldi del padre...
Un piccolo film davvero ben scritto e piuttosto originale che con sapiente maestria riesce a coniugare con successo dramma e commedia. La crisi per lunghi tratti del film sembra essere lasciata ai margini della storia, per poi comparire e mostrarsi in maniera quasi prepotente nel suo epilogo trasformandosi in una crisi a trecentosessanta gradi. Crisi di valori, oltre che economica, che mostra come la disperazione, in alcuni casi, possa portare a scelte impensabili e trasformare una persona onesta in un uomo disposto a tutto pur di salvaguardare la propria famiglia e l’apparenza (cosa fondamentale nella società americana) di un’immagine felice e di successo. Gli inserti comici, davvero esilaranti e ben dosati, si trasformano in riso amaro quando pian piano mostrano una dignità compromessa e difficile da recuperare. La regia pulita ed essenziale, lascia spazio ai volti dei bravissimi attori e alla brillantezza dei dialoghi che spiccano per verità e naturalezza, senza mai esagerare e/o andare oltre l’utile. L’unica pecca è forse quella di avere un finale non all’altezza del resto del film. Lo spettatore percepisce una virata quasi forzata verso un epilogo che in realtà poteva e doveva portare da un’altra parte. Ovviamente, gli americani, che basano tutta la propria filosofia sulla "Win Win Society" (Win Win è il titolo originale del film), ovvero sul concetto che vittoria porta vittoria e che se anche un solo individuo vince la propria scommessa, tutta l’America vince la sua di Paese delle opportunità, non potevano non mostrare un lieto fine. Finale che però lascia con l’amaro in bocca e fa perdere di credibilità ad un film che a questo punto, sarebbe stato più opportuno collocare fuori concorso. Occasione mancata dunque, e di ciò ci rammarichiamo molto.
(Win Win); Regia e sceneggiatura: Thomas McCarthy; fotografia: Oliver Brokelberg; montaggio: Tom McArdle; musiche: Lyle Workman; interpreti: Paul Giamatti, Alex Shaffer, Amy Ryan, Terry Delfino, Burt Young; produzione: Fox Searchlight Pictures; origine: USA, 2011; durata: 106’.
