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NERO BIFAMILIARE

Pubblicato il 13 aprile 2007 da Matteo Botrugno


NERO BIFAMILIARE

I cantanti si siedono dietro la macchina da presa con uno spirito diverso rispetto a chi il regista lo fa di mestiere. Spesso i loro lavori divengono proseguimenti di storie che non possono e non vogliono essere raccontate nell’arco di quattro minuti, ovvero la durata media di un brano pop. Ci aveva provato Luciano Ligabue con il buon Radiofreccia e con il deludente Da zero a dieci; Franco Battiato invece, con l’intellettuale e autobiografico Perduto amor e con Musikanten, aveva tentato di avvicinare il suo personalissimo stile nella stesura delle lyrics e l’eclettismo musicale che caratterizza il suo approccio compositivo ad un cinema che, seppur costruito anch’esso, come la musica, da poesia, ritmi e metaforiche melodie, non raggiungeva la profondità ricercata dal cantautore catanese. Questa volta ci prova Federico Zampaglione, singer dei Tiromancino, nonché regista e ideatore dei videoclip della band.
Ciò che distingue Nero bifamiliare dai lavori dei colleghi di Zampaglione è il fatto che, mentre Ligabue ricordava la vita nella provincia emiliana negli anni ’70 (periodo fondamentale per la formazione musicale del cantante), e mentre Battiato, pur non riuscendo totalmente nell’impresa, volgeva la sua ricerca cinematografica verso lidi di colta sperimentazione, il leader dei Tiromancino sembra optare per un progetto in cui l’unico proseguimento ideale, dal punto di vista musicale, è rappresentato esclusivamente dall’abbondanza di suoi nuovi brani, che segnano i momenti fondamentali del film.
Dal punto di vista compositivo, i Tiromancino hanno alla base del proprio successo un songwriting eclettico, ora tendente alla ballad d’amore, ora ad un pop-rock dalle sfumature elettroniche. La composizione di un brano, da molti di vista, è paragonabile alla realizzazione di un film. Può sembrare un paragone estremo, ma come poter negare l’esistenza di un filo conduttore che leghi in maniera indissolubile il processo di creazione musicale e quello cinematografica? Zampaglione, forte dell’esperienza nei videoclip e desideroso di un’avventura artistica differente da quella portata avanti con la sua band la quale, negli ultimi album, ci sembra essere piuttosto a corto di idee, scrive, in coppia con il produttore Rudolf Gentili, questo Nero bifamiliare, tentativo di ibrido fra commedia all’italiana e noir, costellato da una serie di citazioni assolutamente superflue dal punto di vista narrativo.
I temi che il cantante-regista affronta in questo suo primo lungometraggio sono tanti. Troppi. Marito e moglie, interpretati rispettivamente da Claudia Gerini e Luca Lionello, si trasferiscono in un lussuoso complesso in cui c’è un po’ di tutto: un polacco e una donna italiana la cui ambigua convivenza diventa un incubo per i due protagonisti, un portiere napoletano impiccione e meschino, un ferreo e rude colonnello. Contornano il tutto una serie di amici competitivi, una coppia di genitori in crisi ed un singolare killer di borgata. Stereotipo dopo stereotipo si arriva ad un finale che sembra non arrivare mai. Zampaglione riesce solo a sfiorare le scottanti tematiche dei rapporti fra culture diverse, profondamente compromessi da una scarsa attitudine, da parte di un uomo medio (o mediocre?) stressato e perennemente sconfitto. Il regista sfiora il problema dei rapporti di coppia visto da due diverse angolazioni generazionali, si inventa trovate comiche di stampo televisivo, recupera dalla sua cineteca personale citazioni da Sergio Leone, David Lynch ed Alfred Hitchcock. L’intento di creare un alone di mistero intorno alle figure dei vicini non risulta credibile, come non è credibile lo svolgimento degli eventi che, per arrivare a conclusione, prendono una piega che sa di raffazzonato più che di autoriale. La coppia Gerini-Lionello ce la mette tutta per risultare credibile e riesce nell’intento di rendere verosimili anche alcune sequenze in cui la sceneggiatura non supporta il loro carisma attoriale. I comprimari tutto sommato risultano simpatici, da Mahieux a Cinzia Leone, da Max Giusti al grande Remo Remotti. Ma la simpatia non basta a riempire le lacune di personaggi privi di spessore, originalità e, soprattutto, davvero troppo stereotipati. Esordio privo del necessario spessore che troppo spesso ricorda le melodie più monocordi dei Tiromancino. Opportunità bruciata.


CAST & CREDITS

(Id.) Regia: Federico Zampaglione; soggetto e sceneggiatura: Federico Zampaglione e Rudolf Gentile; fotografia: Arnaldo Catinari; montaggio: Consuelo Canutcci; musica: Tiromancino; scenografia: Tonino Zera; costumi: Nicoletta Ercole; interpreti: Claudia Gerini (Marina), Luca Lionello (Vittorio), Emilio De Marchi (Slatko), Anna Marcello (Bruna), Ernesto Mahieux (Carmine), Max Giusti (Carlo Nobili), Cinzia Leone (Mamma di Marina), Adriano Giannini (Ossobuco), Remo Remotti (Colonnello Piacentini), Alessandro Di Carlo (Macellaio), Yari Gugliucci (Dott. Salini), Gianfranco Barra (Commissario), Ilaria Cramerotti (Maruska); produzione: RUDOLPH GENTILE, GUGLIELMO MARCHETTI, MARCO DELL’UTRI E RICCARDO NERI PER MOVIEMAX E LUPIN FILM; distribuzione: Moviemax; origine: Italia; durata: 90’


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