Notorious

Notoriamente una delle manifestazioni cinematografiche maggiormente connotata dall’impegno politico e sociale, ogni tanto la Berlinale si prende qualche licenza verso l’evasione e il cinema di genere, soprattutto per quanto riguarda le pellicole fuori concorso. È il caso anche di Notorious B.I.G. del regista George Tillman Jr (noto al grande pubblico soprattutto per Men of Honour con Rober De Niro e Cuba Gooding Jr) che si può considerare un esempio perfetto del meccanismo del “biopic” d’oltreoceano. Il protagonista è il rapper nero Christopher Wallace, alias Notorious B.I.G, morto a soli ventiquattro anni e senza aver visto la pubblicazione del suo secondo album. Come in ogni biopic che si rispetti (stesso escamotage anche in Milk di Gus Van Sant, di cui costituisce una delle poche cadute di tono), si comincia dalla fine e in particolare da un colpo di pistola: anzi un piccolo montaggio convulso di flash back già riassume allo spettatore quali siano state le tappe che hanno portato a quel drammatico evento. Si vedono frammenti di immagini amorose, bambini piccoli, spacciatori di droga, mamme in pensiero, locali di lusso, concerti con pubblico entusiasta. Verso la fine accade più o meno la stessa cosa, stavolta il montaggio è legato ai significanti sonori, come si suol dire, ovvero una serie di frasi storiche estrapolate dal film e che, come accade solo oltreoceano, costituiscono una piccola collezione di slogan degni di un manuale per acquistare fiducia in se stessi.
“Per aspera ad astra”, il cammino del nostro eroe è stranamente all’inizio diverso da quello di molti suoi colleghi: infatti ha vinto una borsa di studio per una scuola cattolica, è un piccolo ciccione con gli occhiali nonchè il primo della classe. È però chiuso a casa da una madre single possessiva (Angela Bassett, una spanna sopra tutte le altre donne del cast per carisma e bellezza) e l’unica via d’uscita verso il mondo passa per i ragazzini del quartiere meno fortunati di lui, con i quali inizia a spacciare per sentirsi finalmente un uomo. Per il resto le tappe della via crucis si susseguono inevitabilmente come la paternità quasi ancora minorenne, il carcere, la passione per la musica, l’incontro che gli cambia la vita con il musicista-produttore Sean “Puffy” Combs (alias Puff Daddy, P.Diddy e Diddy, un individuo con evidenti problemi di identità, qui in veste anche di produttore esecutivo del film), il successo con dischi d’oro e di platino grazie all’album “Ready to die”, le donne, mogli, amanti, colleghe eccetera eccetera. Per concludersi ovviamente con le vere immagini del funerale, una serie di limousine nere degne di un capo di stato, e una folla di persone per strada che balla al suono della sua musica.
Nulla di nuovo sotto il sole, si potrebbe dire, e limitarsi a consigliare il film soltanto agli appassionati del genere: eppure, a salvare il tutto dalla prevedibilità più catatonica, è proprio il ritmo irresistibile del rap, trascinante malgrado l’incomprensibilità dei suoi testi, cui fa da contrappunto un montaggio rapido, sincopato, accattivante anche nel suo essere già visto in mille videoclip.
La storia è anche l’occasione per conoscere le sfide mortali lanciatesi tra i rapper della west e della east coast negli anni Novanta, fomentate cinicamente dalla stampa americana, che hanno visto parecchi morti e feriti, di cui la vittima più illustre è stata Tupac Shakur. Davanti al fatto che bande di ventenni si siano fatte fuori in sparatorie degne della Chicago anni ’30 in nome della musica rap, il film, forse involontariamente, si trasforma in un tragico documento della nostra epoca.
(Notorious B.I.G.); Regia: George Tillman, Jr.; sceneggiatura: Reggie Rock Bythewood, Cheo Hodari Coker; fotografia: Michael Grady; montaggio: Dirk Westervelt, Steven Rosenblum; musica: Danny Elfman; interpreti: Angela Bassett, Derek Luke, Jamal Woolard, Anthony Mackie, Antonique Smith; produzione: Fox Searchlight Pictures; origine: USA, 2009; durata: 122’.
