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Notte folle a Manhattan

Pubblicato il 7 maggio 2010 da Marco Di Cesare


Notte folle a Manhattan

Sinceramente su di loro si potrà dire di tutto, ma non che Steve Carell e Tina Fey non siano una bella coppia: perché gli eroi della nuova comicità americana, splendidi quarantenni usciti da quel grande piccolo schermo che è la televisione d’oltreoceano, appaiono a loro agio l’uno accanto all’altra, protagonisti dell’ultimo film del regista Shawn Levy.
Innanzitutto la loro folle notte a Manhattan comincia senza molti convenevoli, sulle note di Blitzkrieg Pop dei Ramones, in un mattino qualunque che si fa largo nella casa di una operosa famiglia americana come tante altre, due genitori assieme a una coppia di pestiferi pargoletti, al risveglio in quella placida periferia chiamata ’New Jersey’. Una vita quieta quella dei coniugi Foster, lavoratori instancabili e coppia amorevole, eppure pian piano rovinata da quel tarlo che viene abitualmente definito come routine. Una noia che non può essere diminuita neanche grazie ai loro rendez-vous settimanali in un bel ristorantino della zona, dove la complicità e la simpatia reciproca con le quali iniziano la serata non sono sufficienti per non ricadere in un eterno déjà vu, dove un appuntamento diviene presto più un obbligo per mantenere viva la fiamma delle loro esistenze che una scelta libera e condivisa tra due individui. Almeno fino a quando Phil non prenderà in mano la situazione, portando la moglie nel più rinomato ristorante di New York, così, senza preavviso e, soprattutto, senza aver prenotato (di venerdì sera tra l’altro...). Ma velocemente i Foster vedranno le proprie vite sfuggir loro di mano, quando ruberanno la prenotazione di un’altra coppia - tali ’Tripplehorn’ - col fine di sedersi a un tavolo che, altrimenti, rimarrebbe come un miraggio. E tale piccola trasgressione diverrà presto il detonatore di una folle notte piena di pericoli quando, scambiati per l’appunto per i Tripplehorn, i due rimarranno coinvolti in un’odissea nel lato oscuro della metropoli, tra gangster pericolosi e poliziotti corrotti.
È evidente come Shawn Levy sia interessato a portare alla luce il lato più notturno dell’esistenza e dei sogni che in essa albergano, come aveva già mostrato attraverso Una notte al museo 1 e 2. Qui però, diversamente da altri suoi lavori precedenti, riesce a realizzare una pellicola che vive nell’equilibrio tra la comicità che si incunea pacata e ammiccante tra le battute dello script e un’altra che deborda al di fuori di esse, tra l’espressione dell’interiorità dei sentimenti e la fragorosa estemporaneità dell’azione, raggiungendo una totalità irrefrenabile di certo aiutata dalle performance dei suoi due splendidi protagonisti. Due attori guida circondati da una numerosa nidiata di colleghi che recitano nelle parti di contorno, scelta questa assai condivisibile, poiché assistere alle performance di volti più o meno noti e comunque spesso riconoscibili, più che assomigliare all’esibizione di statue che prendono vita in una notte trascorsa nel museo delle cere, più che rappresentare quindi un collage di spezzoni di storia e di un ritorno dal passato e da un precedente immaginario cinematografico (come nel caso del boss Ray Liotta o dell’investigatore Mark Wahlberg), sta a simboleggiare la ricerca di una maggiore riconoscibilità per dei personaggi che, in caso contrario, vedrebbero svanire i propri contorni, assumendo piuttosto le sembianze di fantasmi persi nella notte. Invece viene qui evitato a delle figure ad ogni modo appena abbozzate di scomparire di fronte alla centralità dei due protagonisti e del loro viaggio di formazione.
Giacché Notte folle a Manhattan è un viaggio sia interiore che più propriamente fisico fin dentro un pericoloso e divertito mondo da fiaba, raggiungendo l’acme grazie a uno mirabile e inusitato inseguimento in automobile - uno dei migliori negli ultimi anni - un pigiare a tavoletta sul pedale dell’acceleratore di una follia qui sì imperante, epitome di uno scontro tra il vecchio e il nuovo – sul trascorrere del tempo, perciò – che fa incontrare un’aggressiva Audi R8 con un tipico taxi newyorkese, poco dopo che Phil ha rubato una reliquia da una teca, una pistola con qualche secolo sulle spalle, un’arma antica forse ancora capace di sparare, o forse no. Così, tra battute argute e situazioni trascinanti condite di evidenti e spesso espliciti significati sessuali, il film va dritto per la sua strada, seppure negli ultimi istanti si inceppi un po’, in particolare quando troppo velocemente decide di porre fine alla caotica follia che una notte colse una esemplare e innocente coppia del New Jersey, in un modo anche scontato.


CAST & CREDITS

(Date Night ); Regia: Shawn Levy; sceneggiatura: Josh Klausner; fotografia: Dean Semler; montaggio: Dean Zimmerman; musica: Christophe Beck; interpreti: Steve Carell (Phil Foster), Tina Fey (Clara Foster), Mark Wahlberg (Holbrooke), Taraji P. Henson (Detective Arroyo), Jimmi Simpson (Armstrong), Common (Collins), William Fichtner (Frank Crenshaw), Ray Liotta (Joe Miletto), James Franco (Taste), Mila Kunis (Whippit), Leighton Meester (Katy); produzione: 21 Laps Entertainment, Media Magik Entertainment, Twentieth Century-Fox Film Corporation; distribuzione: 20th Century Fox Italia; origine: USA, 2010; durata: 88’; web info: sito ufficiale.


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