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Molto forte, incredibilmente vicino

Pubblicato il 23 maggio 2012 da Giovanella Rendi


Molto forte, incredibilmente vicino

Diciamolo subito e togliamoci il pensiero: Stephen Daldry non dà il meglio di sè quando trae film da romanzi. Il che, agli occhi dei suoi ammiratori almeno, è un’ osservazione un po’ forte, dato che tre dei suoi quattro film (eccettuato dunque solo Billy Elliott), sono tratti da romanzi, anche piuttosto famosi. E se The Hours ha i suoi meriti, The Reader, a parte la straordinaria interpretazione di Kate Winslet, sinceramente se lo poteva risparmiare o almeno lasciarlo a qualche college tedesco che magari ne avrebbe fatto un prodotto noiosissimo ma dignitoso.

Non fa eccezione nemmeno questo Molto forte, incredibilmente vicino, tratto dall intoccabile venerata promessa Jonathan Safran Foer, storia di un bambino piuttosto singolare che perde il padre nell’attentato dell’undici settembre alle torri gemelle. Un bambino che vorrebbe forse somigliare al protagonista de Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte di Mark Haddon, ma che non ha la sindrome di Asperger, e che anche prima della tragedia é solo ossessionato da una serie di paure circa la sicurezza delle cose. Sconvolto dalla scomparsa del padre, scomparsa intesa proprio come smaterializzazione nelle molecole dell’aria della città, dato che il suo corpo non viene ritrovato e alla famiglia tocca seppellire una bara vuota, il piccolo Oskar, già vittima di ossessioni fomentate dall’amato padre circa la soluzione di enigmi inesistenti, ritrova in casa una chiave misteriosa e credesi tratti dell’ultima caccia al tesoro lasciatagli dal padre, che gli consentirebbe di comprendere la sua scomparsa e di fatto di elaborarne il lutto.

Accompagnato dal suo inseparabile e fastidiosissimo tamburello, che gli serve per rilassarsi (e che vorrebbe forse riportarci alla mente un altro Oskar che non voleva crescere e che con ben altri esiti suonava un tamburo di latta?) come fosse solo al mondo passa il suo tempo a cercare la soluzione del mistero, incontrando centinaia di persone, unite dal fatto di chiamarsi Black di cognome (unico indizio a disposizione). Compagno d’avventure un vecchio signore muto (uno strepitoso Max von Sydow) che viene dalla Germania ed è inquilino di sua nonna (casualmente il defunto padre aveva un padre tedesco scomparso misteriosamente prima della sua nascita), che non solo lo segue silenziosamente e amorosamente, ma che lo aiuta a superare tutte le sue paure, dimostrando come si possa essere padri anche nel silenzio. Silenzio che lo spettatore auspicherebbe totale, dato che i foglietti con cui il vegliardo comunica altro non sono che una serie di frasette moraleggianti che sembrano tratte da un manuale di self help, degno compendio agli strilli del giovane (e francamente insopportabile) protagonista. Le colpe (e i silenzi) dei padri ricadono sempre e ostinatamente sui figli. Un padre reso muto dalla tragedia della guerra in Germania (e meno male che non si parla di Olocausto), un figlio/padre che prima di morire lascia una serie di messaggi alla segreteria telefonica che colpevolizzanti è dir poco, un figlio schiacciato dal rimorso con tutta la furia dell’infanzia. Un altro padre che muore e lascia una chiave a un figlio che la perde per non averlo voluto ascoltare in tempo. Grandi assenti le madri, che si prendono frecciate di odio velenoso (dovevi morire tu al suo posto, le dice il pargolo) senza battere ciglio, fanno finta di niente e poi però risolvono tutto.

Il pregio del film, oltre alla fotografía di Chris Menges che ci restituisce una New York al tempo stesso dimessa e familiare, quasi un grande quartiere residenziale ben lontano da qualsiasi cartolina turística, consiste nello spaccato di umanità colorata, vitale e dolente che Oskar attraversa nella sua ricerca, e che emerge qua e là sprazzi in una pellicola che appare ben troppo sicura del potere colpevolizzante di quello che ormai è il paradigma del male assoluto nel XXI secolo, ovvero l’undici settembre. Ci permettiamo di ricordare a Daldry che qualche anno fa, in Palindromes, un tizio che si chiama Todd Solonz sulle torri gemelle era capace di fare dello humor nero.


CAST & CREDITS

Regia:Stephen Daldry; sceneggiatura: Eric Roth, dal romanzo diJonathan Safran Foer; fotografia: Chris Menges; montaggio: Claire Simpson; musica: Alexandre Desplat; interpreti: Tom Hanks, Sandra Bullock, Thomas Horn, Max von Sydow, Zoe Caldwell, Viola Davis, Jeffrey Wright , John Goodman; produzione: Scott Rudin Productionsc/o Warner Bros. Pictures Germany; origine: USA, 2011; durata: 129 Min.


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