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Materia Oscura

Pubblicato il 13 febbraio 2013 da Giovanella Rendi


Materia Oscura

Forse è un bene che Materia Oscura sia l’unica opera italiana presente alla Berlinale (eccettuata La migliore offerta di Tornatore, presente sotto la misteriosa dicitura “Berlinale Special Gala”). È infatti legittimo sospettare che altrimenti il documentario di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti non avrebbe avuto l’attenzione (neanche troppa) dei media nazionali e che giustamente merita. In sè l’opera è il prodotto perfetto per la sezione della Berlinale Forum, in cui è stato presentata, e dove si possono vedere da anni le opere più scemode e impegnate, spesso esteticamente estreme, talvolta parecchio punitive, talvolta delle meravigliose scoperte (quest anno, ad esempio, Shirley – Visions of Reality in cui il regista Gustav Deutsch “anima” in maniera sorprendente 13 quadri di Edward Hopper). Materia Oscura appartiene alla poco popolare categoria dei documentari di montaggio a base di materiale d’archivio, qui in quantità comunque ridotta rispetto al materiale girato, e sceglie di emanciparsi in maniera radicale dagli stilemi documentaristici del passato, già peraltro abbandonati nell’ultimo decennio dalla documentaristica italiana d’autore, quali il logocentrismo tirannico della voice-over, le interviste, il montaggio come mera illustrazione narrativa di eventi storici. D’Anolfi e Parenti scelgono dunque la ben più efficace via del silenzio, già molto battuta in terra germanica (illustri precedenti, qui alla Berlinale 2012 il bellissimo Parabeton - Pier Luigi Nervi und römischer Beton di Heinz Emigholz e Gegenwart di Thomas Heise, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2012, che con spirito calvinista documenta l’attività di un crematorio): un espediente che si rivela assolutamente vincente, perchè lascia che la vicenda si sedimenti autonomamente nello spettatore, in maniera quasi maieutica. Questo è un bene perchè la materia, oltre che oscura, è anche incandescente, o meglio tossica: i registi riprendono infatti nella zona del Salto di Quirra, in Sardegna, e in particolare nel Poligono Sperimentale, la più vasta area europea di sperimentazione militare, dove negli anni uomini e animali hanno cominciato a subire malformazioni misteriose e gravissime. Il bellissimo paesaggio naturale è qua e là violentato dalla presenza dei rifiuti (vetri, bottiglie) o da apparecchi militari non sempre riconoscibili (carri armati arruggini, torrette in decomposizione), ma la vera offesa alla natura è invisibile e insidiosa, è nel mare turchese e nei fiorellini gialli, nei bambini che nascono ciechi e paralizzati, nei vitelli che agonizzano tra le braccia di contadini impotenti. Come bellissimi fuochi d’artificio, come opere d’arte sperimentali nel bianco e nero al ralenti, appaiono infatti nei materiali d’archivio dell’esercito centinaia, migliaia di esplosioni di razzi, missili, ordigni non meglio identificati, che sono stati sparati più volte al giorno, per settimane, mesi, anni, le cui colonne di fumo si sono sparse per chilometri circostanti portando la morte visibile e invisibile. Senza giudicare e senza raccontare, D’Anolfi e Parenti si limitano a lasciare che la macchina da presa riprenda lo stato delle cose, quello che si cela dietro l’apparente idillio agreste. Il materiale d’archivio mantiene sovente il suo stato originale muto, un aspetto che lo rende ancora più inquietante, e i significanti sonori rimangono affidati alle poche parole dei pastori, quasi incomprensibili nel dialetto, al ronzio continuo del contatore geiger, alle esplosioni che squarciano il silenzio, al rumore degli elicotteri che continuano a sorvolare la zona come un sinistro memento mori, alla voce anonima che in un’intervista radiofonica racconta alcuni elementi della vicenda, mentre un altrettanto anonimo scienziato uccide e viviseziona un topino (piccolo - e unico - autocompiacimento che i registi potevano tranquillamente evitare).


CAST & CREDITS

Regia, sceneggiatura, montaggio, produzione: Massimo D‘anolfi, Martina Parenti; fotografia: Massimo D‘anolfi; suono: Martina Parenti; musica: Massimo Mariani; produzione: Montmorency Film; origine: Italia; durata: 80’


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