Offside

Già autore de Il palloncino bianco (1995) e Il cerchio (2000) l’iraniano Jafar Panahi, beniamino dei festival (forse un po’ sopravvalutato) torna a confrontarsi con la spinosa questione della condizione femminile nel suo paese, ma questa volta da un’ottica assolutamente imprevista, ovvero quella del mondo del calcio. In Iran, tra le molte restrizioni imposte alle donne esiste il divieto di entrare in uno stadio di calcio, perchè è considerato pericoloso il contatto con molti uomini e disdicevole ascoltare (o anche leggere scritte sui muri) frasi non adatte ai loro orecchi o ai loro occhi. Uomini e donne possono stare insieme nel buio di un cinema (almeno a Teheran, in provincia solo con fratelli o padri) ma non nella moltitudine degli spalti. Sin qui nessuna sorpresa, quello che lo spettatore occidentale distratto e poco informato dimentica o trascura è che, come in tutto il mondo, ci sono ragazze che amano il calcio, che lo seguono, ci giocano e farebbero di tutto per andare a vedere una partita, soprattutto poi se si tratta della sfida tra Iran e Bahrein, valida per la qualifica ai mondiali di Germania 2006.
Come superare l’ostacolo? Con il sistema più logico, ovvero travestirsi da uomo, sperando di passare indenne attraverso i severi controlli dei soldati all’ingresso. Le ragazze provano con tutti gli espedienti possibili, chi travestendosi da soldato, chi fingendo di accompagnare un cieco, ma per cinque di loro non c’è nulla da fare: scoperte sono costrette ad attendere in una parte dello stadio senza poter vedere la partita, aspettando di essere portate alla polizia. Il calcio, tuttavia, è uno dei grandi fenomeni inspiegabilmente universali, forse per la sua estrema semplicità, e la comune passione non tarda a stabilire una corrente di simpatia tra le recluse e i giovani militari che devono controllarle, con il racconto di quanto sta avvenendo in campo, dibattiti sui moduli usati e sui meriti dei vari giocatori, simulazione di azioni in campo, fino alla confusione dionisiaca della vittoria finale (con le immagini dei veri festeggiamenti per le strade) che permette una liberazione anzitutto psicologica dalle regole, in nome di una unità nazionale effimera ma probabilmente più sincera e sentita di quella politica.
Con tempismo sospetto e un po’ furbo (a pochi mesi dall’inizio dei mondiali), e con i consueti moduli stilistici neoneorealistici del cinema mediorientale, Panahi realizza un film divertente e piacevole, perfettamente calibrato tra riflessione (si ricordano le vittime allo stadio durante la partita Iran-Giappone) e leggerezza, con in filigrana il desiderio di riconciliare Medioriente e Occidente, assolutamente legittimo in questi tempi duri e scellerati. Fa capolino qui e lì qualche strizzata d’occhio alla Sognando Beckham, ma in fondo non c’è nulla di male, e siamo certi che Offside avrà lo stesso successo.
Regia: Jafar Panahi; sceneggiatura: Jafar Panahi, Shadmehr Rastin; fotografia: Mahmood Kalari; montaggio: Jafar Panahi; musica: Korash Bozorgpour; interpreti: Sima Mobarak Shahi, Safar Samandar, Shayesteh Irani, Ida Sadeghi; produzione: Jafar Panahi, Khiyabame Fereshteh; durata: 88’; origine: Iran 2006
