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Ok, Enough, Goodbye

Pubblicato il 1 dicembre 2011 da Giovanna Branca

VOTO:

Ok, Enough, Goodbye

Tripoli. Ma non in Libia, bensì in Libano. La città omonima della capitale del paese nordafricano è in un certo senso la protagonista di Ok, Enough, Goodbye, che ha inizio con la contemplazione del suo skyline e con una voce off che legge delle informazioni date da Wikipedia sulla città.
Alcune persone danno fuoco a dei copertoni per protesta, poi ci spostiamo in una casa dove dalle chiacchiere di un’anziana signora con l’operaio venuto a cambiarle la bombola del gas capiamo che i manifestanti protestano contro il razionamento dell’elettricità. Ma non vedremo un film documentario, né politico o di denuncia, o come lo si voglia chiamare. Ci sono state date fino ad ora delle coordinate, come per dire questo è il luogo in cui si svolgerà la storia; una storia privata e individuale, “sommersa”. A detta degli stessi registi – Rania Attieh e Daniel Garcia - pensata per dare visibilità a delle dinamiche umane sconosciute ai più.
Nella sua volontà di dare uno spaccato di queste vite “nascoste” della città, Ok, Enough, Goodbye ha un taglio documentario, con tanto di finte interviste ai protagonisti che parlano di sé e delle loro vite.
L’anziana signora è la madre del protagonista del film (di cui non sapremo mai il nome), legato a lei in maniera morbosa: la vuole portare in viaggio con sé, rifiuta di vedere gli amici per poter stare in casa, vuole sapere cosa ha cucinato prima di accettare un invito a pranzo. Così un bel giorno la mamma, senza preavviso, abbandona la propria casa per andare a Beirut (non si sa da chi, né quando e se tornerà) ed il figlio si trova ad affrontare la propria solitudine. Cercherà conforto con una prostituta, nella compagnia del bambino dei vicini ed infine con una badante eritrea.
Ok, Enough, Goodbye, anche se dalla trama potrebbe non sembrare, è una commedia, intrisa di profonda malinconia. Si ride e anche tanto: dell’attaccamento del figlio alla madre, dei suoi maldestri tentativi di non essere più solo. Ma è un riso, se così si può dire, dei più nobili; che scaturisce da una grandissima bravura nel tracciare un ritratto umano eccezionale e guardato con profonda tenerezza, anche se unita ad una tagliente ironia. Una tenerezza quasi chapliniana, per quanto si parli di un genere di film sideralmente lontano dai lavori del maestro inglese. Ma anche un’ironia che sa essere veramente cinica, come nella scena esilarante in cui il capo dell’agenzia di badanti classifica i vari meriti delle sue sottoposte in base alla loro nazionalità. Assolutamente da vedere, anche se purtroppo si stenta ad immaginare che un film così particolare, dai tempi molto lunghi, costruito su lievi sfumature, possa essere distribuito nelle sale italiane.


CAST & CREDITS

(Tayeb, Khalas, Yalla) Regia: Rania Attieh, Daniel Garcia; sceneggiatura: Rania Attieh, Daniel Garcia; fotografia: Daniel Garcia; montaggio: Rania Attieh, Daniel Garcia; scenografia: Rania Attieh; interpreti: Daniel Azrouni (Figlio), Nadimé Attieh (Madre), Walid Ayoubi (Walid), Nawal Mekdad (Prostituta); produzione: En Passant Films; origine: Libano, Emirati Arabi Uniti; durata: 93’.


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