ORO ROSSO

Nelle sue peregrinazioni per la capitale iraniana con la motoretta, Hussein, piuttosto su di peso, consegna pizze a domicilio, e a volte, sempre sul motociclo, si abbandona con il suo amico mingherlino a vagare per Theran. Tra una consegna e l’altra affiora in superficie, dietro le porte delle case, un mondo ed una realtà che stride con la sua condizione. Il forte contrasto tra la povertà e la ricchezza, che permette ad alcuni il superfluo e ad altri fa mancare il senso della dignità, provoca in Hussein una tensione insopportabile, che spinge alla rivolta. I fili che si intrecciano nella trama di Oro rosso, composto con uno stile eterogeneo, mettendo assieme realismo poetico, tipico di un certo cinema iraniano, e una studiata formula narrativa (è un racconto circolare), non si limitano però ad evidenziare uno schematico conflitto sociale tra ricchi e poveri. La sceneggiatura scritta da Abbas Kiarostami, in modo rapido ed efficace, lascia intravedere di più: la questione femminile, il disagio dei soldati iraniani una volta dimessi gli abiti militari, la mancanza di una classe media nel paese, il rapporto delle nuove generazioni con la tradizione. Insomma una società in fermento, quella che ci mostra Jafar Panahi, e le passate notizie sugli studenti in protesta (oramai più di un anno fa), le cui manifestazioni sono state duramente represse, confermerebbero lo stato di insoddisfazione crescente. Nonostante questi fermenti di rivolta, presenti nella società iraniana, l’autore è cupamente pessimista nel suo film: non si intravedono spiragli per una liberazione, e la rivolta non ha assolutamente il sapore della vittoria, come alle volte succede. Non a caso la struttura circolare del suo racconto, che inizia con un rapina in una gioielleria, termina con il suicidio del protagonista. Hussein tenta una improbabile rapina in una gioielleria, lui e il suo compagno non sono rapinatori professionisti, e l’atto si giustifica in ragione delle umiliazione subita da parte del commerciante: non lo ritiene all’altezza di una tale gioielleria di prestigio. Dopo Il Cerchio, premiato al Festival di Venezia nel 2000 con il Leone d’oro, e il suo film precedente Il palloncino bianco, ancora una volta è forte lo sguardo sull’Iran del presente, verso quella realtà che sembra sfuggire a tanto cinema europeo e americano. Uno sguardo che non si ferma all’informazione documentaria del reale, alla sua manifestazione fenomenica, vive al contrario di una forte tensione poetica.
[maggio 2004]
(Talare Sorkh)
regia: Jafar Panahi soggetto: Abbas Kiarostami sceneggiatura: Abbas Kiarostami fotografia: Hossain Jafarian montaggio: Jafar Panahi musica: Peyman Yazdanian interpreti: Hussain Emadeddin, Kamyar Sheisi, Azita Rayeji, Shahram Vaziri, Ehsan Amani, Pourang Najmabadi, Saber Safael produzione: Jafar Panahi Productions. Mikado, Lumen Films origine: Iran durata: 97’ distribuzione: Mikado
