PALABRAS
Chi fra noi non ha vissuto almeno una volta una storia come quella di Palabras? In viaggio, un incontro speciale ci fa precipitare d’un tratto in uno stato di estasi amorosa che blocca magnificamente lo scorrere del tempo e ci trasforma in titani, capaci di abbattere qualsiasi distanza fisica o diversità culturale. Poi, invece, la vacanza finisce e il Tempo ricomincia a scorrere inesorabile rivelando la mutevolezza degli stati d’animo, la difficoltà di trasportare il nuovo incanto nella vita di sempre. C’è un momento preciso del film, verso la fine, in cui Salani rappresenta con un’esattezza davvero dolorosa l’insorgere di quest’improvvisa, acuminata consapevolezza, ed è una scena che da sola vale tutta la pellicola. Basta un piccolo scarto, un’occhiata di troppo per passare da uno stato di grazia a un disincanto gelato. Nella vita è proprio così ma non è affatto facile imitare la vita, né risvegliare nello spettatore quell’emozione che in genere accompagna le rimembranze personali. Quest’aderenza alla verità dei sentimenti, quest’amoroso distacco con cui documenta le situazioni della vita, già caratteristici di film come Gli occhi stanchi e Occidente, fanno di Corso Salani un autore davvero prezioso. Tanto più in un cinema come il nostro in cui, sarà per il dilagare di commesse, carabinieri e tassiste nel piccolo schermo, fioriscono personaggi stereotipati e approssimazioni sociologiche. Anche Palabras, come tutti i precedenti film di Salani, è nello stesso tempo una storia raccontata per immagini e un documentario di viaggio. In questo caso siamo in Cile, i due protagonisti sono una geologa ambientalista e un ingegnere italiano. L’ambientazione fra i vulcani delle Ande è decisiva ai fini espressivi perché le montagne sono allo stesso tempo la causa e il riflesso della dimensione irreale, della peculiare condizione di sradicamento sperimentata dai personaggi. Ma potremmo anche trovarci all’isola d’Elba, nelle pianure dell’Europa dell’est o, che so, ad Aviano (tutti luoghi prescelti dall’autore nei film precedenti), l’importante è che si tratti di un non luogo, di un posto cioè dove gli stati d’animo e i sentimenti possano dispiegarsi liberamente, privi di interruzioni, richiami a quella che chiamiamo vita quotidiana. In questo spazio-tempo libico non può che verificarsi una storia semplice, universale, così come universale è il sentimento di malinconia struggente che pervade il racconto a posteriori della ragazza. Magnificamente interpretata dalla spagnola esordiente Paloma Calle, vero protagonista del film infatti è il personaggio femminile. È suo il punto di vista sulla storia, è lei che a un anno di distanza la racconta alle amiche in una sorta di confessione a puntate intervallata da flashback nel passato. I due piani temporali in realtà si succedono in maniera molto fluida, quasi impercettibile, come a segnalare il tentativo, da parte della ragazza, di annullare la frattura fra presente e passato, di replicare nel racconto un’esperienza finita ma ancora viva e bruciante. D’altronde Corso Salani, riferendosi alla protagonista di Occidente, una rumena coinvolta nella rivoluzione popolare dell’’89 poi fuggita in Italia, commentava: “Le persone possono rimanere segnate per sempre da esperienze così forti e totalizzanti... è un discorso su come le persone affidano le proprie speranze al futuro e poi vengono disilluse dal presente, da qualunque presente. Su come diventi necessario, per andare avanti, aggrapparsi al passato, ingigantendone il valore, mitizzandolo fino a farlo diventare, il passato, l’unico motivo, l’unica giustificazione per esistere”. Lì la rivoluzione mancata, qui un amore perduto, lì un silenzio insostenibile, qui un fiume di parole: cambiano i luoghi, i modi del racconto ma non la situazione di scacco esistenziale che interessa raccontare al nostro regista fiorentino. E per un cantore della malinconia, della sofferenza un po’ compiaciuta di ciò che poteva essere e non è stato, l’incontro con l’America latina era inscritto nel destino.
[febbraio 2004]
Regia: Corso Salani. Sceneggiatura: Corso Salani. Fotografia: Riccardo Gambacciani. Interpreti: Paloma Calle Alberdi, Corso Salani, Monica Rametta, Alessandro Mizzi. Produzione: Gianluca Arcopinto per Pablo e Balaton films. Origine: Italia 2003. Distribuzione: Pablo. Durata: 92’.