Per Ulisse - Festival dei Popoli

Presentato già lo scorso anno al Festival dei popoli ancora come work in progress, Per Ulisse vi partecipa quest’anno in gara nel Concorso Internazionale della 54ª edizione. È il frutto di sei anni di incontri, interviste e spazi e tempo, condivisi dal regista Giovanni Cioni con gli ospiti, abituali e non, del centro di socializzazione Progetto Ponterosso di Firenze, dove trovano asilo e ritrovano un senso alla propria vita, diverse tipologie di emarginati della società odierna: ex tossicodipendenti, pazienti affetti da disturbi mentali cui il T.S.O. (Trattamento Sanitario Obbligatorio) ha inferto ulteriori ferite, indigenti, ecc.
Arrivato al Progetto Ponterosso per riprendere delle interviste realizzate in forma di “provini” sul tema “Chi sta peggio di me”, Cioni deve presto aver capito l’incommensurabile patrimonio umano con cui aveva a che fare, tanto da decidere di farne un film. Accostandosi con rispetto alle loro storie, Cioni non interroga i suoi interlocutori, non indaga, aspetta con rispetto il loro tempo, poi li lascia parlare, regalandogli quella libertà che forse non hanno mai avuto.
Alle prese con una messe di materiale enorme, dopo sei anni di riprese e interviste, il regista dev’essersi trovato nella difficoltà di gestire una così grande quantità di materiale da vagliare, organizzare e montare. Proprio il montaggio, che avrebbe potuto valorizzare adeguatamente il prezioso materiale a disposizione, manca della capacità di sintesi semantica che gli compete. Montato e pre-montato più volte, con abbozzi di progettualità diverse presi e abbandonati, ma mai scartati completamente, Per Ulisse risulta disordinato, confusionario, faticoso. La sensazione che se ne ricava è che, nella difficoltà di compiere una scelta e, comprensibilmente, di imporre una linea interpretativa a immagini e parole tanto significative, l’autore semplicemente non abbia scelto, optando per una narrazione che desse conto di quei mille progetti intrapresi e abbandonati, semplicemente lasciandoli alla loro confusione. Così come si erano presentati alla sua mente ce li ha restituiti. Del resto, ammette lo stesso Cioni: «A un certo punto per me era più importante semplicemente il fatto di essere lì [...] penso che fosse un segreto per tutti cosa si stesse facendo».
Estratti dell’Odissea mescolati a testi frutto delle sue riflessioni personali fungono da interpunzione campeggiando sul fondo nero; poi confessioni davanti all’obiettivo; conversazioni iniziate e mai finite; riprese in riva a mare; di nuovo il filo conduttore sembra il viaggio ai confini della società di ciascuno degli Ulisse protagonisti del film, per poi perderlo di nuovo. Tanta disomogeneità finisce per ottenebrare proprio le storie di vita che fanno il racconto, anziché valorizzarle o semplicemente lasciarle alla forza della loro evidenza.
Se nelle interviste preliminari alle riprese di Per Ulisse prevale la fissità della macchina da presa, nel passaggio alle immagini girate nell’ex ospedale psichiatrico di S. Salvi e in altre zone di Firenze si riscontra un diverso tipo di approccio registico, fatto di una maggiore mobilità della camera, che segue ora i protagonisti nelle loro variopinte narrazioni, nel loro gesticolare e camminare. Nel tentativo - spiega il regista - di «uno sguardo in cui uno si riconosce nell’altro e non da fuori».
Altrettanto meditato il lavoro sul suono condotto con Saverio Damiani, nella consapevolezza del suo potere di modificare la percezione delle immagini: se i leitmotiv di flauto segnano il passaggio delle stagioni, altrove è il rumore a farla da padrone (come quello del mare e della risacca, ma anche il suono in presa diretta con il sottofondo ambientale che ne deriva). Il risultato è una presenza sonora equilibrata, mai invadente.
Il film si apre e chiude sul mare, nel quale nel finale entra una delle ospiti del centro Progetto Ponterosso, in un gesto simbolicamente liberatorio.
(Per Ulisse) Regia: Giovanni Cioni; fotografia: Giovanni Cioni; montaggio: Aline Hervé; produzione: Zeugma Films, Teatri Uniti; origine: Italia, Francia; durata: 92’.
