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Pesaro 2011 - Trabalhar Cansa - Concorso

Pubblicato il 21 giugno 2011 da Giovanna Branca


Pesaro 2011 - Trabalhar Cansa - Concorso

Già dal titolo, l’opera prima dei brasiliani Juliana Rojas e Marco Dutra – Trabalhar Cansa - è un omaggio: riprende infatti il titolo che già fu di una raccolta di poesie di Cesare Pavese, Lavorare stanca. Ma il citazionismo esplicitato e quello invece più sotterraneo non si esaurisce al nome del film: l’intero lavoro dei due giovanissimi ex studenti di cinema brasiliani (29 e 31 anni) fa infatti riferimento ad un’ampia gamma di numi tutelari cinematografici, inserendosi così a pieno titolo in quella corrente postmoderna che riparte dal cinema e dalla sua storia per mettere in campo una narrazione originale. Interpellata sulle sue influenze, Juliana Rojas cita il regista indoamericano M. Night Shyamalan, e se ne capisce presto il perché. Trabalhar Cansa deve molto alle atmosfere di questo regista, alla sua attitudine a creare una situazione angosciosa accumulando una serie di indizi inquietanti, momenti di rottura con il razionalmente comprensibile che sembrano dover far sfociare il film nell’horror senza mai imprimere la svolta definitiva che porti dalla realtà al suo sovvertimento completo nelle regole del genere.
Helena e Octavio sono una coppia sposata e con una figlia, nucleo familiare qualsiasi della piccola borghesia brasiliana, ma potenzialmente di qualsiasi paese del mondo. Il film prende avvio con la perdita del lavoro da parte di Octavio, e con la decisione di avverare comunque il sogno di Helena di riaprire un minimarket in un posto gestito precedentemente da altri e ormai chiuso da tanto tempo. Presto però il market comincerà una sorta di misteriosa vita propria: prodotti che scompaiono, macchie di umidità nei muri ristrutturati di recente, chiazze di liquame che sembrano materializzarsi dal nulla.
Il desiderio di intraprendere un’attività assolutamente normale è turbato dal manifestarsi dei classici indici del cinema horror, senza che però questi giungano alle proprie estreme conseguenze o vengano mai spiegati. E Shyamalan non è certo l’unico riferimento: già nella situazione – il sostituirsi a dei misteriosi occupanti precedenti – richiama L’inquilino del terzo piano di Polanski, poi esplicitamente omaggiato con il ritrovamento di resti organici all’interno di un muro del minimarket. E non ultimo viene il maestro Bunuel, la cui eco si avverte nelle pratiche avvilenti legate alla ricerca di un lavoro da parte di Octavio, che riportano al surrealismo dei rituali borghesi alienanti dell’opera del maestro spagnolo, che proprio in Sudamerica ha gettato alcuni dei semi più fruttuosi della sua carriera.
Il citazionismo postmoderno non è però declinato nella sua consueta forma cinica e tutto sommato consolatoria, ma dà vita ad un’opera originale che dipinge un’inquietante situazione costantemente in bilico tra la realtà e l’orrore in quella che in fondo è una disamina proprio delle aberrazioni - apparentemente minime, ma amplificate fino a farne risuonare l’intrinseca angosciosità – della modernità. Trabalhar Cansa si svolge tutto in interni: la casa, gli uffici dove si cerca un lavoro, il market; i luoghi del mondo globalizzato indistinguibili gli uni dagli altri a qualsiasi latitudine. "Volevamo fare un film universale", dice infatti la regista. E l’universalità sta proprio, oltre che nei riferimenti trasversali al cinema di tutto il mondo, nell’anonimato dei luoghi in cui si svolgono gli identici rituali del mondo post-globalizzazione, a metà tra la routine e l’horror, in attesa forse di un angelo sterminatore.


CAST & CREDITS

(Trabalhar Cansa) Regia: Juliana Rojas, Marco Dutra ; sceneggiatura: Juliana Rojas, Marco Dutra ; fotografia: Matheus Rocha; montaggio: Caetano Gotardo ; musica: Qong Monkon; scenografia: Fernando Zuccolotto; interpreti: Helena Albergaria (Helena), Marat Descartes (Octavio), Naloana Lima (Paula); produzione: Devenove Som e Imagen; origine: Brasile; durata: 99’.


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