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Pesaro 43 - Il coraggio delle idee

Pubblicato il 10 luglio 2007 da Giampiero Francesca


Pesaro 43 - Il coraggio delle idee

Si è chiusa la quarantatreesima edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro. Nell’anno della nascita della Festa del Cinema di Roma, della sfarzosa sessantesima edizione del festival di Cannes, la scelta degl’organizzatori di proporre una rassegna fitta di eventi e proiezioni, ma lontana dal glamour e dalle passerelle, è apparsa lodevole e coraggiosa.

Una mostra di incontri e confronti, un luogo del cinema in cui parlare, raffrontarsi. Questo è stata la Mostra del Cinema di Pesaro. Da Piazza del Popolo, storico palcoscenico del “Cinema in Piazza”, a Palazzo Gradari, sede dei dibattiti, lo scambio di idee e pensieri fra addetti ai lavori, registi, critici, studenti e semplici appassionati è stata la linfa, il carburante della manifestazione. Una discussione lunga una settimana che ha coinvolto molte delle facce che compongono il poliedrico universo Cinema. Un luogo perfetto per riflettere sul nostro passato e per pensare al futuro. E’ stato così possibile ricordare il mitico ’68, rivissuto nelle parole di Bruno Torri, e la memoria di un cinema ed una società in rivoluzione. Vibrante è riecheggiata la nostalgia per una Pesaro “occupata”, per una contestazione che, sull’eco di una Cannes bloccata, avrebbe voluto fermare anche il nuovo cinema pesarese. Uno sguardo commosso al passato che ha trovato il suo apice nel sentito ricordo a Luigi Comencini. Un omaggio in cui la Mostra ha voluto, ancora una volta, superare i luoghi comuni che circondavano il nome del maestro, proponendo in una lunga retrospettiva conclusasi in lungo incontro, affollato di studenti, in un’analisi più attenta della figura del regista.

L’intenso sguardo al passato è stato, però, solo un aspetto della manifestazione. Il presente, con tutte le sue antinomie, ha rappresentato per l’intera comunità festivaliera una continua fonte di discussione. La guerra in Iraq, la triste condizione delle periferie urbane, l’incontro/scontro fra Oriente e Occidente, anche all’interno della stessa Europa, sono stati temi ampiamente trattati dalle pellicole in concorso, sui quali pubblico e critica hanno avuto l’opportunità di dibattere. Sguardi spesso scomodi, realtà che preferiremmo non conoscere hanno animato un confronto lontano dalle ipocrisie della morale comune. Solo così è stato possibile vedere i corpi degl’attentatori irakeni o il sorriso di una terrorista palestinese senza banali, o peggio strumentali, cori di protesta. Al contrario, l’ambiguità dei punti di vista ha rappresentato uno dei punti di forza di molte pellicole passate alla Mostra. Un’incertezza molla di confronto e riflessione, che, al di là della forma spesso convenzionale, ha permesso alla rassegna di collocarsi al centro della realtà del nostro tempo, affondando i piedi nelle sue contraddizioni.

La sostanza e la forma. Non solo idee, dunque, ma anche progetti. Le nuove proposte video e il dopofestvial, luogo per eccellenza del confronto pesarese, sono state le sezioni in grado di proporre una panoramica più ampia delle nuove frontiere del cinema. Dal rapporto fra videoarte e settima arte, al confronto sulle potenzialità della computer grafica, dell’animazione e della realtà virtuale. Il nostro animo cinefilo ci ha allertato davanti al sopravanzare di film realizzati con il telefonino, di esperimenti realizzati esclusivamente per il web o di ardite realizzazioni “artistiche”. Chiudere gli occhi, far finta che queste realtà non esistano, però, non gioverebbe né al cinema, né ai suoi appassionati. E’, come sempre, l’apertura, la disponibilità a dialogare con questo nuovo universo, l’unica via per il progresso e il miglioramento dell’intero sistema cinema. Portare esempi di realtà difformi, piccoli sistemi produttivi, nuove proposte per un mercato troppo chiuso è stato, a prescindere dalle opere viste, un dovuto atto di fiducia nei confronti delle nuove frontiere del visibile. Che si tratti di utopia, filantropia o semplice follia, ogni tentativo di sfondare le anguste mura del cinema italiano è di per sé un evento positivo.

Una mostra che ha avuto il coraggio di portare in piazza film complessi. Una piazza che ha risposto in modo sorprendente. Un segnale estremamente positivo lanciato a coloro che pensano al pubblico come una massa di amebe, incapaci di saper riconoscere la qualità. La scelta radicale, forse anche snob, di rinunciare ai red carpet, alle star, al glamour ha avuto i suoi frutti. Lontano dai lustrini e dalle paiette posso ancora trionfare le idee.



Giampiero Francesca


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