Pesaro 49 - Considerazioni finali
In attesa del cinquantennale, l’anno prossimo, della Mostra internazionale del nuovo cinema di Pesaro fondata nel 1964 da Bruno Torri e Lino Miccicchè, l’edizione del 2013 si è conclusa in una delle poche giornate di sole di questa settimana di Festival, e la cerimonia di premiazione si è svolta in una gremita Piazza del Popolo.
A vincere il premio della giuria professionale, presieduta da Vincenzo Marra, è Matei Child Miner di Alexandra Gulea, storia del travagliato ingresso nell’adolescenza del piccolo Matei e omaggio a I 400 colpi e Germania anno zero. Il film rumeno mette d’accordo la giuria del concorso intitolato a Lino Miccicchè e quella giovanile composta da studenti dell’Università di Pesaro e Urbino, che riservano anche delle menzioni speciali a Kayan – film d’esordio dell’iraniana-canadese Maryam Najafi – e a Non lo so ancora di Fabiana Sargentini, debutto alla sceneggiatura di Morando Morandini.
Non solo quindi il Festival si svolge all’insegna di una netta prevalenza femminile nella programmazione (non bisogna dimenticare la sezione dedicata all’animazione femminile russa), ma le registe donne raccolgono i favori di pubblico e giuria anche quando si tratta di assegnare i premi.
Menzione speciale della giuria del premio Miccicchè va invece a La chupilca del diablo, tesi di laurea del regista cileno appena ventiquattrenne Ignacio Rodriguez.
Nell’ambito del focus dedicato dalla mostra al nuovissimo cinema cileno, Rodriguez è l’unico in concorso, ma a Pesaro sono presenti anche altri registi di questa Nuovissima “ola” sudamericana: Matìas Bize, regista del sorprendente Sabadoe di La vida de los peces; Alejandro Fernàndez Almendras, che porta il suo Huacho, storia della giornata “tipo” dei quattro membri di una famiglia contadina del sud del Cile, alle prese con l’irrompere della modernità nella tradizione; ed infine Sebastiàn Lelio, a cui la mostra dedica una retrospettiva e il cui ultimo film, Gloria (proiettato in seguito alla premiazione) verrà distribuito in Italia ad ottobre da Lucky Red. L’opera di Lelio e degli altri cileni visti a Pesaro ci svela una cinematografia vivissima ed interessante, proveniente da un paese che non ha solo Pablo Larraìn da “offrire” agli spettatori del resto del mondo. Un cinema che, a parte il già citato e ben noto in Italia Larraìn, sembra ripiegarsi sull’intimità, sui rapporti umani che sono alla base di un film bellissimo come Navidad di Lelio o di La vida de los peces di Bize, obliterando forse il confronto con il doloroso, controverso ed ancora attuale passato recente della dittatura militare. Quella ben presente invece nell’orizzonte di Nostalgia de la luz (non a caso insignito del premio Amnesty International), unico film a Pesaro di un regista – Patricio Guzman – che invece quegli anni li visse, cineasta militante, in prima persona, scontando con l’esilio il suo impegno. Sorprendentemente, l’unico film ad interrogarsi sul rapporto tra passato e presente, sulla necessità frustrata di una loro comunicazione è proprio quello del regista più giovane: La chupilca del diablo, che pur non considerando gli anni della dittatura mette in scena un rapporto tra un nonno ed un nipote che è probabilmente una delle metafore più riuscite della condizione del Cile di oggi.