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Piazza Giochi

Pubblicato il 12 aprile 2010 da Edoardo Zaccagnini


Piazza Giochi

Un altro film, il milionesimo, si incastra nel rapporto già smisurato tra la città di Roma e il cinema. C’è una piazza, a tre minuti da Ponte Milvio, che non è particolarmente bella, e non è nemmeno super famosa. E’ una di quelle rotonde trafficate e anonime che se le attraversa un forestiero non gli attribuisce alcun valore. La sua memoria fatta di cinema e tv non è minimamente solleticata, così come le sue emozioni da turista. Non scatterà foto, in quella piazza, o almeno non lo ha fatto fino ad oggi. Ma chissà se domani cambierà qualcosa, visto che quel luogo si è appena accomodato, non solo come sfondo di cartone, ma raccontato nel rispetto della sua identità geo-socio-culturale, all’interno dell’infinito elenco di pellicole ambientate nella città eterna..

Si chiama “Piazza dei giochi delfici” ed è l’ennesimo habitat di buona borghesia romana. Anzi, buonissima. Alberata e balconata fetta di città nella quale pascolano, a motore, bei tocconi di meglio borghesia cittadina. Girano più soldi in “Via di Vigna Stelluti”, trenta metri da “Piazza dei giochi delfici”, o in Via della Camilluccia, che dalla piazza parte e che è fatta solo di ville nascoste dai pini, piuttosto che nella "Prati" mucciniana distante giusto un paio di quartieri. Collegata a “Piazza Giochi”, come la chiamano i suoi giovani, dallo stadio Olimpico e dal ponte lucchettato dal fenomeno Moccia. Ebbene, un giovane regista, Marco Costa (Ma l’amore si! Quarto sesso), prende oggi questa piazza e la trasforma nella scenografia attivissima di un teen-movie più teso ed ambizioso rispetto alle traballanti indagini mocciane. Il clima di un film in cui non si ride granchè, ma che ha dalla sua un paio di battute interessanti e riuscite (1. Hai visto più piselli tu che la zuppa del casale, 2. oggi senza un avviso di garanzia non sei nessuno) ricorda anche altre pellicole più o meno giovanilistiche recenti, da Come tu mi vuoi, di Wolfango De Biasi, a Parlami d’amore, di Silvio Muccino), soprattutto per la loro attenzione ai giovani contemporanei della cosiddetta Roma bene, ancora più ricca di quella che bacia ancora oggi come baciava dieci anni fa, e molto di più rispetto a quella Roma contemporanea d’autore filmata, tra gli altri, da registi come Francesco Munzi Saimir, o dal recente Alessandro Angelini di Alza la testa. Va bè, cose già viste, tendenze risapute e ribadite, storia e contraddizioni del cinema italiano contemporaneo. Proviamo a giudicarlo come lavoro singolo, questo Piazza Giochi di adolescenti super benestanti, per quanto sia difficile staccarlo totalmente dal filone giovanilistico italiano nato dai Tre metri sopra il cielo e passato per le notti prima degli esami. Il film di Costa, che cita Moccia nel finale, racconta la storia di una ragazzina per certi simile alla Caterina di Virzì, che arrivava in città ancora tutta piena di purezza e di meravigliosa ingenuità. Questa di Piazza giochi, invece, di ingenuità ne ha poca, e dalle amiche del liceo non deve imparare nulla, semmai può insegnare loro molte cose. Non solo perchè ha sedici anni ed è molto bella, mentre l’altra provinciale ne aveva tredici ed era soprattutto molto dolce. Ma anche perchè sua madre, rispetto alla casalinga intorporita del film di Virzì, è stata una hippy ed ha fatto conoscere a sua figlia il mondo e chi lo abita. Per entrambe le giovanissime, tuttavia, si aprono le porte di una Roma densa di quattrini, motorini, feste e primi amori. Che Marco Costa descrive in maniera molto somigliante ad altre love stories già scorazzanti in altro cinema liceale di recente e sperato largo consumo, compreso l’ultimo Veronesi di Genitori & Figli, istruzioni per l’uso. E dunque il suo film mostra una sessualità disordinata e già completa, l’uso di droghe abbinato a sofferenze, sentimenti e disagi molto forti. C’è del realismo, ovviamente, e c’è pure un certo ritmo, ma tutto, in Piazza Giochi, sembra una versione estrema dello steretipo sui giovani metropolitani di oggi. Il film non osa andare oltre, non vuole mescolarsi fino in fondo con la realtà, e si accontenta di attraversare, con una sua cadenza, con attori acerbi e con musica abbondante, un solco ben delineato e fertile. Si propone come variazione facoltosa e snob sul tema, ma non riesce ad essere un buon film. Discreta, invece, l’interpretazione di Luca Ward nei panni del palazzinaro buono. Novità assoluta, questa si, nella commedia italiana di sempre. Che di palazzinari è stata piena, ma che costantemente ha messo alla berlina il loro modo di essere e di comportarsi.

aprile 2010


CAST & CREDITS

Regia: Marco Costa; sceneggiatura: Marco Costa, montaggio: Lorenzo Peluso; fotografia: Francesco Di Giacomo; interpreti: Luca Ward, Susanna Smit, Cecilia Albertini, Laura Adriani, Lorenzo De Angelis; produzione: Ellemme Group Spa; distribuzione: Ellemme Group Spa


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