PICCOLA PESCA

Per i pescatori di Capo Teulada non venne Lu tempu de li pisci spada, ma quello ben più duro e inesorabile della confisca dei terreni. Eravamo negli anni Cinquanta, ed esisteva ancora una classe incosciente e analfabeta, degli umili e degli sfruttati. In pochi reagirono e a pochi, i meno umili, fu concessa una replica. In quella pubblica faccenda di affari e politica internazionali, c’era tutta la storia del rapporto tra lo stato italiano e il meridione, tutta quella distanza tra istituzioni ed identità socio-culturali, che ha fatto la storia del nostro paese. La protesta contadina servì a non impedire la costruzione di un poligono NATO di settemilacinquecento ettari di territorio, a coinvolgere la bassa politica locale in un sacrificio conveniente, e a lasciare senza terra tutti quelli che la terra ce l’avevano e la utilizzavano per vivere. Per i pescatori di Capo Teulada, Lu pisci spada non è ancora arrivato, e forse non arriverà mai, stando agli odori e alle correnti che da quell’America sognata e inesistente arrivano in Europa e passano per Roma, prima di giungere, più silenziose dei proiettili, su quella fetta di Sardegna sud occidentale, a impicciolire fino al mito la pesca dei vinti contemporanei. Ma c’è un pisci spada che allevia questa solitudine e questa frustrazione, e sta nella distanza storica, culturale ed economica che separa i figli dai genitori e dai nonni: è un pesce grosso, capace di portare uno di loro nell’America sognata dai padri, a studiare cinema. Un pesce immortale, che lo ridà alla sua parte d’oceano, più consapevole e deciso, pronto a rivendicare diritti e reclamare ingiustizia, con i mezzi del pensiero e della parola e col supporto della tecnologia. Un po’ come Gavino Ledda e un po’ come il Totò di Tornatore, ma più fortunato di entrambi nel ritrovare, al suo ritorno a casa, pescatori nuovi, muniti di tv, istruzione e una mentalità da consumo, che non comprende più la cultura della sconfitta. Lui si chiama Enrico Pitzianti e il suo documentario, Piccola pesca, vede lo Stato scippare la terra ai contadini e il mare ai pescatori, in un clima da novella pirandelliana o da romanzo siloniano. La rassegnazione popolare viene raccontata con un ponte di montaggio attraente lungo quarant’anni di primi piani, di mare, di voci, di immagini di repertorio, di consueta incredulità. Lo stato non si vede; la differenza tra i padri e i figli si avverte negli sguardi, nelle frasi e nella determinazione che non favorirà mai più il passaggio de lu pisci spada in quelle acque tempestate dagli ordigni intelligenti, ma le smuoverà abbastanza da far sentire il disagio della propria condizione e togliere ai potenti quel silenzio così utile e così consueto nella nostra cultura.
[dicembre 2004]
regia, sceneggiatura, fotografia, produzione: Enrico Pitzianti, montaggio: Sabrina Foti, musica: Laura Inserra, Santi Pulvirenti, Titti Smerigli,distribuzione: Pablo, origine: Italia 2004
