PINO - Italiana.doc
Pino Pascali è un mito dell’arte contemporanea del Novecento. Walter Fasano è un bravissimo montatore (compagno sodale di Luca Guadagnino e molti altri) e un saltuario sceneggiatore che ha vinto un Oscar (in compagnia del suddetto regista e di un grande come James Ivory). La commistione esplosiva tra i due ha prodotto Pino , documentario di sessanta minuti presentato al Torino FF.
Definirlo documentario è un po’ limitarlo, chiuderlo in dei confini quando, per esplicita volontà del regista, il film vola libero spaziando tra cinema sperimentale (l’uso di immagini fisse fotografiche in bianco e nero richiama alla mente La jetée di Chris Marker, 1962, a cui fa dichiarato omaggio) e cinema d’autore. La narrazione testimonia l’atto di vendita e l’allestimento alla Fondazione Pascali di Polignano a mare, in Puglia - terra di origine dell’artista - dei Cinque bachi da setola e un bozzolo (1968), opera ready-made - composta da scovoli colorati, solitamente atti alla pulizia della casa, attaccati l’uno all’altro a formare serpentoni multicolori che esplorano i pavimenti e le pareti dello spazio della mostra - di proprietà di Fabio Sargentini, leggendario gallerista (come viene definito nel primo cartello), che li espose nel suo spazio romano dell’Attico nel marzo 1968: l’apertura delle casse, il disimballaggio, la ricostruzione delicata dell’opera. La voce fuori campo di Monica Guerritore accompagna le immagini con la lettura del contratto, la descrizione minuziosa (da didascalia su catalogo) della composizione del pezzo, le misure. Parallelamente alla dimensione del tempo presente si snocciola, attraverso foto di repertorio, spezzoni d’archivio dell’Istituto Luce con interviste d’epoca all’artista e al gallerista, telegiornali della Biennale d’arte del 1968 - quella della contestazione studentesca - la vita - tormentata e prolifica - e la morte - improvvisa e tragica quanto predestinata, per certi versi - di Pascali nel settembre dello stesso anno fatidico, alla giovane età di trentadue anni, quasi trentatré.
Una costruzione formale sofisticata e rigorosa, scelte estetiche di alta qualità giustapposte con grazia e sapienza, l’uso di quattro voci fuori campo slegate che, alternate, parlano dell’artista pugliese e del suo percorso artistico - oltre alla italiana, quella in francese (Alma Jodorowsky) declama versi di Rimbaud e altri poeti, quella in inglese (Suzanne Vega), quella maschile in italiano (Michele Riondino) come una voce interiore di Pino - scandisce un crescendo che porta l’artista, spericolato e preda a furia creativa costante, a perdere la vita in un incidente automobilistico a Roma nel percorso tortuoso e pericoloso del Muro Torto, colpito da una vettura che compì una irregolare inversione a U (Pino non indossava casco protettivo, allora non obbligatorio dalla legislazione vigente).
Un ricchissimo insieme di immagini in cui perdersi: Fasano usa le fotografie come un diario di formazione, le immagini fisse sfocano e illudono l’occhio, lo confondono, lo seducono, lo ipnotizzano. Magistralmente giustappone fasi diverse, il periodo delle pubblicità televisive, le armi giocattolo (di cui parla in un servizio d’epoca il collezionista Giorgio Franchetti), la mostra da Gian Enzo Sperone nel 1966, Fuoco immagine acqua terra, l’otto giugno del 1968, con l’introduzione degli elementi naturali (la nascita dell’arte povera), sequenze dal film Libro dei Santi di Roma eterna di Alfredo Leonardi (1968) con Pino ironico mascherato da spaventapasseri, Foligno dove Pascali vinse un premio, il film SKMP2 girato da Luca Patella a Ostia (in cui Pino diventa performer e opera insieme), la Biennale (dove riceve, postumo, il gran premio per la migliore sala) - un ricco repertorio concentrato in pochi anni di fuoco. Coup de théâtre ad effetto sul finale con l’immagine dei bachi istallati nel museo pugliese.
Pino era folle, Pino era un genio, Pino morto a quasi trentatré anni (come Gesù) ha prodotto opere come un artista che ne vive settanta, aveva una foga espressiva pari a una miccia innescata di una bomba a orologeria sulla sua esistenza terrena. Pino era disposto a tutto per l’arte, anche a perdere la vita, come è tristemente avvenuto. Immagine finale: un totale largo di una curva stradale (una delle tante del Muro Torto a Roma) in mezzo alla natura, tanto amata dall’artista pugliese, alberi che riempiono lo schermo, la voce fuori campo si interroga su cosa avrebbe prodotto ancora la sua potenza immaginativa se avesse vissuto più a lungo: non era la sua storia, diceva sempre di avere la linea della vita corta sul palmo della mano, “morirò giovane”, come gli eroi o i pazzi.
Pino - Regia e sceneggiatura: Walter Fasano; fotografia: foto di Pino Musi, Pino Pascali; montaggio: Walter Fasano; musica: Nathalie Tanner; interpreti: voce narrante Suzanne Vega, Alma Jodorowsky, Monica Guerritore e Michele Riondino; produzione: Fondazione Pino Pascali, Apulia Film Commission, Passo Uno Produzioni; origine: Italia, 2020; durata: 60’.