PONTORMO

I colori del Pontormo di Giovanni Fago sono quelli vergini del tubetto che si compra. Un verde Luterino per il pentito di Wittemberg che appendeva ad una cattedrale la sua nausea per un Dio troppo severo, il suo strillo a una vita religiosa più semplice, il suo basta alla vendita delle indulgenze. Il nero di Trento per la contro-vendetta paterna, ammazza streghe, fantasmi, innocenti e pensiero. Un rosso più primario che fiorentino per il popolo mediceo ancora scosso dal delitto Savonarola, dubbioso sul futuro della Signoria, e poco attento al dibattito sul neo-platonismo, poiché ignaro. Da questo rosso, Fago il Rosselliniano, con un pizzico di giallo e di magia, crea il leggero arancio per gli emergenti banchieri fiamminghi e per i loro denari pesanti. Merito. I tubetti di fago riempiono gli spazi temporali come la storia che si impara a scuola. Date e luoghi, botte e risposte. Risultato: ripasso e didascalia. Che però non fa mai male. E Pontormo con il suo color Mantegna Joe, minimalista e trasparente, si muove nella Storia del suo tempo e se ne frega, preso solo dagli affreschi al coro di San Lorenzo e dalle sue paure. Molte, puerili, patologiche. Finché l’amore! Simpatico. E interessante fino a quando Fago si attiene ai manuali e al diario del pittore, raccontando da maestro (elementare) storie vere, fatti. Poi improvvisa. Una Musa senza orecchino di perla, e senza lingua che scioglie l’ultima pioggerella ormonale di un artista ormai provato. Passione. Ma la scioglie così bene da far rischiare al grande artista la sua vita, pur di salvare la ragazza dalle accuse di eresia e dal rogo. Noia. Perché il fallimento della penna non trova nella mdp salvagente alcuno, e il mix di campi, banalità e controcampi, solletica solo la memoria scolastica e mai altre corde. E se il film si proponesse a saggio, ci si starebbe pure, ma la ricerca emozionale pare, nelle intenzioni del regista, nucleo fondamentale del racconto, al pari della Storia e dei suoi incontri con l’arte. Meravigliosi. E come può non essere ambizioso un progetto come questo? Romanzo, saggio, biografia, cinema. Fago preferisce, prendere i pezzi e giustapporre. Obbligato. Quì Cosimo I, vicino al Papa, ma non troppo. La santa inquisizione là, accanto agli affreschi, di fronte alle riflessioni artistiche del pittore. Piano col papato, che ha subito lo scisma da poco, ed è convalescente. E’ una Storia senza freddo, senza gente e senza fame. Già fatta. Una biografia attendibile, un romanzo debole, un film corretto e pigro.
[maggio 2004]
regia: Giovanni Fago, sceneggiatura: Marisa Calò, Massimo Felisatti, musica: Pino Donaggiointerpreti: Joe Mantegna, Galatea Ranzi, Tony Bertorelli, origine: Italia 2004 durata: 102’, distribuzione: Eagle Pictures
