Ponyo sulla scogliera

“Ho un’età in cui posso contare con le dita gli anni che mi restano da vivere. Quando raggiungerò mia madre, che cosa mai potrò raccontarle?”
Hayao Miyazaki
Partendo da questa affermazione, da questa tenera dichiarazione d’amore del regista nipponico nei confronti della madre, bisogna guardare a Gake no ue no Ponyo con estrema dolcezza ed ingenuità. Bisogna lasciarsi rapire dall’animo del bambino che è in ognuno di noi e vivere la pellicola come un’esperienza alla fine della quale si esce tutti col cuore in tumulto ed il sorriso sulle labbra. Sicuramente uno dei film più semplici dal punto di vista della trama di questo genio assoluto dell’animazione: niente intrecci alla Il castello errante di Howl né tanto meno scenari carichi di pessimismo stile Nausicaa o Mononoke, ma una favola lineare che affonda le proprie radici ne La sirenetta di Christian Andersen.
Una piccola pesciolina rossa dal volto umano, Ponyo, scorrazzando in lungo ed in largo per il mare, rimane incastrata all’interno di un barattolo di vetro. Trovata per caso e salvata dal piccolo Sasuke, un bambino di cinque anni estremamente vivace e curioso, viene messa in un secchiello e trasportata in giro per la scogliera dove si svolge la vita del bimbo e di sua madre Lisa. Tra i due nasce immediatamente una bellissima amicizia. Tornata nel fondo degli abissi marini, la pesciolina decide di trasformarsi in umana (cosa resa possibile dal contatto che questa ha avuto con una goccia di sangue di Sasuke) e di rinunciare per sempre alla vita sott’acqua. Tutto ciò però avrà delle conseguenze. Infatti secondo una delle leggi del mare, qualora ciò avvenisse, sulla terra si abbatterebbero violenti tsunami e nel giro di poco tempo il mondo collasserebbe su sé stesso. Soltanto Susuke, aiutato dalla volontà di Gran Mamare, madre della pesciolina, e dal padre Fujimoto, potrà portare le cose ad un nuovo equilibrio.
La bellezza dei disegni completamente realizzati a mano e con totale assenza del digitale non è una novità, ma ciò che stupisce è la totale immersione nel colore e nei minuziosi particolari che vengono offerti all’occhio dello spettatore. La bellezza e la solarità dei disegni, la dolcezza espressa dagli occhioni allegri di Ponyo i continui rimandi alla musica classica, rendono il film una delle migliori opere del Concorso di Venezia 2008 (insieme all’altro film giapponese in concorso, Kitano), pur non essendo il miglior prodotto di Miyazaki.
Del resto, dopo le critiche mosse alla sceneggiatura de Il castello errante, il cineasta di Tokyo ha voluto donare al suo pubblico una storia dal tono un po’ più classico, ma che comunque mantiene intatte alcune delle tematiche principali del cineasta.
Splendido infine, il modo soave di raccontare il tutto facendolo vedere attraverso l’anima pura dei due bambini di cinque anni e relegando gli adulti al ruolo di comprimari, i quali si giovano della loro presenza, riaprendo la botola della spensieratezza che li porta a rigustare tutti i sapori della vita, come fosse la prima volta.
(Gake no ue no Ponyo) Regia e sceneggiatura: Hayao Miyazaki; color design: Michiyo Yasuda; montaggio: Takeshi Seyama; musiche: Joe Hisaishi; voci: Tomoto Yamaguchi (Lisa), Kazushige Nagashima(Koichi), Yuria Nara (Ponyo), Hiroki Doi (Sosuke); produzione: Studio Ghibli; distribuzione: Lucky Red; origine: Giappone 2008; durata: 101’.
