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Pranzo di ferragosto

Pubblicato il 8 settembre 2008 da Salvatore Salviano Miceli


Pranzo di ferragosto

Un misto di stupore, allegria e un pizzico di ironica amarezza accompagnano i momenti immediatamente successivi alla visione de Il Pranzo di Ferragosto, a tutti gli effetti vera sorpresa di questo mai del tutto decollato Festival e a nostro avviso miglior film italiano, escludendo BirdWatchers – La terra degli uomini rossi di Marco Bechis, sino ad ora passato sugli schermi del lido. L’idea alla base della deliziosa pellicola di Gianni Di Gregorio, già collaboratore nella stesura delle sceneggiature di Matteo Garrone qui nelle vesti di produttore, è tanto semplice da risultare geniale. In un paese come il nostro, in cui è divenuto quasi impossibile sfruttare le armi dell’ironia e della satira per affrontare i temi più attuali e scomodi, riuscire a raccontare la vecchiaia ed i problemi ad essa legati senza mai abbandonarsi alle lacrimevoli ma sicure sponde della classica e trita retorica è già di per sé una notizia.
Siamo nella Roma deserta di metà agosto. Solo pochi e sparuti negozi di Trastevere sfidano il caldo e l’afa agostana. Gianni è un uomo di mezz’età che vive con la madre novantenne, nobile decaduta. Le sue giornate trascorrono cercando di esaudire le sue numerose richieste e i suoi frequenti capricci. Il giorno prima di ferragosto si presenta a casa l’amministratore di condominio paventandogli la cancellazione di alcuni dei numerosi debiti accumulati in lunghi anni di morosità. In cambio il padrone di casa dovrà ospitare sua madre per i due giorni di vacanza. Insieme alla donna però arriva anche l’anziana zia Maria e, subito dopo, si unisce al gruppo la signora Grazia, madre di un caro amico di Gianni rimasto senza badante. Le ventiquattro ore successive sfiancano il protagonista e quando sembra arrivato il momento dei saluti le donne tentano un’ultima sorpresa.
Già a partire dalla sceneggiatura, assolutamente brillante, il film è costruito con intelligenza. Immediatamente si sviluppa un ponte empatico con il simpatico ma sfortunato protagonista, ogni inquadratura è funzionale al film ed il racconto procede seguendo un ritmo leggero, inseguendo e raggiungendo i tempi tipici della commedia.
La scelta del cast è forse il merito principale di Di Gregorio ed insieme il punto di forza del suo lavoro. Le quattro donne, attrici nono professioniste, stupiscono ogni volta che occupano la scena. Insieme formano un quartetto affiatato regalando un’interpretazione dal sapore teatrale. Il regista le ha fortemente volute proprio per la loro assenza di preparazione e di sovrastrutture. Così, come fosse una gemma neorealista, della pellicola nulla sembra artificioso (questo si deve anche alla natura in parte autobiografica del film) e le battute pronunciate dalle simpatiche protagoniste acquistano verità divertendo ancora di più.
Si è spesso discusso, non lesinando critiche, sulla tendenza tutta italiana, ed abbastanza stucchevole e ripetitiva in qualche caso, di portare sullo schermo storie che nascono e muoiono all’interno delle mura domestiche. Quando però ci si imbatte in operazioni come Il Pranzo di Ferragosto, la cui riuscita non si può mettere in discussione, non resta che rivolgere un applauso a chi ha mostrato di credere al progetto e, soprattutto, a chi ne detiene la paternità.


CAST & CREDITS

(Pranzo di Ferragosto) Regia, sceneggiatura: Gianni Di Gregorio; soggetto: Gianni Di Gregorio, Simone Riccardini; fotografia: Gian Enrico Bianchi; montaggio: Marco Spoletini; interpreti: Valeria De Franciscis, Marina Cacciotti, Maria Calì, Grazia Cesarini Sforza, Alfonso Santagata, Gianni Di Gregorio; produzione: Archimede, Rai Cinema; distribuzione: Fandango; origine: Italia; durata: ‘75;


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