PRENDIMI E PORTAMI VIA

Diciamolo subito: la cosa più bella del film è Valeria Golino. Sarà anche vero che il suo personaggio somiglia un po’a quello di Respiro, con i suoi occhi azzurri a galleggiare tra due mondi. Ma è attraverso questi occhi parlanti che si materializzano i due universi del film: la periferia romana da una parte e la cultura Rom dall’altra. I due ritratti che ne escono non sono privi di ovvietà e clichè. Ma accanto a certe cadute nello stereotipo, il regista Tonino Zangardi riesce a cogliere sfumature e strutture tipiche dei grossi sobborghi (romani e non solo): c’è l’insoddisfazione che diventa rabbia e sfocia in violenza, la sordità quotidiana che lascia tutto com’è, l’angoscia del cambiamento. L’interesse del regista è innegabilmente tra il cemento. Perchè seppure il mondo zingaro non è una novità nel suo percorso (pensiamo a Allullo drom) questo suo ultimo lavoro non può essere definito un ritratto della tradizione Rom. Se il film fosse considerato un lungometraggio sugli zingari, il risultato sarebbe un fallimento. E’ invece la proiezione che una sottocultura ha di questo mondo ad interessare il regista. Il bisogno forse di individuare un colpevole del forte disagio che si vive in mezzo ai casermoni grigio chiaro. Purtroppo, però, un agglomerato senza roulottes è brutto comunque, e non solo esteticamente. Ne fa le spese chi ci nasce e ci vive, le persone e le famiglie. Il regista è sfiduciato e pessimista: attività che falliscono, sentimenti che si spengono,r abbia che cresce. Ecco perché tutti vogliono andare via. Aspettano solo qualcuno che li prenda, appunto. Intanto alcuni sognano, come i due bambini che si innamorano, come la bella pittrice Luciana. Gli altri organizzano Raid anti nomadi di notte oppure, come Alfredo, lavorano incessantemente nella speranza di un futuro migliore, con la paura di perdere quel poco che si ha. E che non sarebbero certo gli zingari a rubare. Da sottolineare un ottimo lavoro scenografico nella ricostruzione del campo ROM in cui gli zingari (veri) si muovono a loro agio con i consueti fuochi e costumi. Le loro musiche si alternano, nel film, a due brani italiani: il primo è Una settimana un giorno di Edoardo Bennato; il secondo, a chiudere il film, è la splendida khorakanè di Fabrizio De Andrè, che accompagna i due bambini in fuga, fino al mare. Impossibile non pensare ad un omaggio.
[ottobre 2003]
regia: Tonino Zangardi, sceneggiatura: Tonino Zangardi, Gianluigi Bruni, fotografia: Marco Onorato montaggio: Tonino Zangardi, musica: Andrea Guerra interpreti: Valeria Golino, Rodolfo Laganà, Antonino Iuorio, Claudio Botosso, Noah Luis Shalom, produzione: Alessandro Verdecchi per Veradia Film, origine: Italia 2003, durata: 110’, distribuzione: Istituto Luce
