Racconti da Stoccolma

Chi guardava alla Scandinavia come isola felice, formata da nazioni cristalline nel loro assetto sociale e politico, si rassegni pure: il ritratto impietoso della Svezia che emerge dalla pellicola di Anders Nilsson sembra confermare come ogni società contemporanea viva le stesse piaghe, combatta gli stessi demoni. E proprio perché a farne le spese è la famiglia, cellula primaria di tale assetto, Racconti da Stoccolma narra violenze e torture psicologiche perpetrate prima di tutto nell’habitat domestico.
Il film di Nilsson è chiaramente votato alla denuncia di quei problemi che per vergogna e paura raramente vengono portati in superficie. When darknes falls, ’quando scende l’oscurità’, dice il titolo originale: un’oscurità che ottenebra la mente e cancella ogni razionalità di pensiero in favore degli istinti più bassi e primitivi.
Le tre storie che scorrono parallele nel film non sono altro che questo: declinazioni differenti di atti di brutalità dinanzi a cui le leggi sembrano inefficaci, rivelando la fallacità di un sistema che, seppur fondato su una democrazia, cela al suo interno molte contraddizioni.
Abusi sulle donne per mano dei mariti nella storia di Carina, giornalista televisiva di successo, moglie e madre apparentemente felice; minacce e aggressioni ai testimoni in quella di Aram e infine, la storia di Leyla e Nina, la più sconvolgente, in cui in nome della rispettabilità un intero nucleo familiare arriva a voler uccidere le proprie figlie, ree di voler essere libere.
Nilsson gestisce il suo ricco materiale in modo discontinuo ed è subito evidente come il corpo della pellicola sia costituito dalla sola storia di Leyla, la più spiazzante, visualizzata con più convinzione e chiarezza dall’autore, deciso a non omettere le immagini più scioccanti e a catturare l’attenzione con strazianti primi piani delle protagoniste, incredule al pari degli spettatori di fronte agli eventi da incubo in cui sono precipitate.
Le altre storie risentono del dislivello con l’episodio centrale del film, risultando a tratti quasi deconcentranti per il prosieguo dell’unica storia che si vorrebbe guardare. E se la vicenda di Aram, giovane proprietario di un locale notturno, di bella presenza e benestante, dà almeno l’occasione per guardare a un’integrazione razziale riuscita, e per raccontare un’omosessualità una volta tanto priva di stereotipi, la violenza domestica subita da Carina risulta invece di gran lunga l’episodio più debole, farraginoso nella scrittura e nella messa in scena, piegato ai cliché della rappresentazione dell’abuso al pari di qualsiasi tv movie da ‘Donne al bivio’.
La stessa riscossa della protagonista appare troppo risolutiva, troppo programmatica, una parabola con tanto di morale per incitare le altre vittime a denunciare la medesima situazione. Ed è questa è in generale la grave pecca della pellicola: quella di non sapersi innalzare di tono, di non raggiungere mai lo spessore narrativo e visivo richiesto dal soggetto. Ad eccezione di alcune sequenze sostenute da un buon ritmo della regia, che sembrano legare il film a un cinema di genere, al thriller anziché al dramma, il resto della pellicola scorre via tra immagini anonime o già viste, diluendo la tensione, e pervenendo così a un distacco emotivo che stona con l’adesione passionale ricercata insistentemente nello spettatore.
Un finale pacificatore non aiuta a smuovere le coscienze. Racconti da Stoccolma finisce per perire sotto le sue buone intenzioni. Preferiamo un cinema che ponga domande a uno che offra risposte.
(När mörkret faller – When Darkness Falls) Regia: Anders Nilsson; sceneggiatura: Anders Nilsson e Joakim Hansson; fotografia: Per-Arne Svensson; montaggio: Darek Hodor sfk; musiche: Bengt Nilsson;interpreti: Oldoz Javidi (Leyla), Lia Boysen (Carina) Reuben Sallmander (Aram) Bahar Pars (Nina); produzione: Sonet Film; distribuzione: Teodora Film; origine: Svezia 2007; durata: 133’; web info: sito del distributore
