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REQUIEM

Pubblicato il 23 novembre 2006 da Marco Di Cesare


REQUIEM

Un fatto di cronaca è un dato di fatto? Forse sì, ma solo alla fonte, prima che il Cinema - e noi con lui - se ne appropri per renderlo suo. E, ancor più, la medesima Realtà diventa una chimera una e bina, quando da taluni viene violentata e svuotata di significato - anche se questo atteggiamento viene coperto dall’apparente volontà di lusingarla - mentre dall’altra parte esiste ancora chi sa come considerarla con vero rispetto e financo delicatezza: sono queste due tipologie di cinema in lotta l’una contro l’altra, ad essere portatrici di ben opposte visioni del mondo, e ad incarnare il Bene e il Male (e non solo nel limitato campo cinematografico). Ossia: il Requiem tedesco di Hans-Christian Schmid e l’inutile The Exorcism of Emily Rose; ovvero: la purezza cinematografica e l’intollerante e oscurantista Hollywood in preda a un delirio cattolicheggiante.

In principio era una cittadina della cattolica Germania meridionale degli anni ’70 e una ragazza, Annaliese Michel - che nella finzione filmica diverrà Michaela Klinger (interpretata da Sandra Hüller) - ventunenne sofferente di epilessia e circondata dalle premure della sua famiglia. Un giorno Michaela riesce a convincere i suoi a lasciarla partire per Tubinga, dove vuole frequentare i corsi di pedagogia all’università: qui incontrerà l’amicizia di Hanna e l’amore di Stefan, sinonimi di una libertà incontrata per la prima volta. Ma il suo carattere ansioso e lo stress degli studi, simboli di una volontà di vivere un’esistenza normale e di crearsi un futuro stabile, la porteranno fin giù nell’abisso: avrà delle visioni (che non ci verranno mai mostrate) che faranno crescere in lei la convinzione di essere posseduta dai demoni. Tornata a casa per Natale, vivrà tra catatonia e isteria: ma i genitori e i sacerdoti del villaggio vedranno in decine e decine di esorcismi l’unica via di uscita per la ragazza; e queste cure sposseranno Michaela fino a condurla alla morte.
La vera Annaliese, nel corso degli anni, verrà venerata come una Santa martire, così come i suoi "persecutori a fin di bene" subiranno un processo. Ma Requiem non porterà in scena né la morte, né tutto ciò che ne è conseguito: esempio, questo, di una totale onestà intellettuale del film tedesco, così come ne rappresenta un’ulteriore dimostrazione l’avere apposto, fin dall’inizio, una dicitura che è un avvertimento su come la vera storia di Anneliese Michel abbia rappresentato solamente uno spunto per il lavoro del regista Hans-Christian Schmid e dello sceneggiatore Bernd Lange; perché solo chi è conscio dei limiti di una rappresentazione, può essere sincero.
Presentato quest’anno in concorso alla 56esimo Festival di Berlino, Requiem ha vinto l’Orso d’argento per la migliore attrice protagonista, la meravigliosa giovane esordiente Sandra Hüller, che vanta già alcuni trascorsi sulle scene del Theater Basel, in una carriera trascorsa tra Shakespeare, Goethe e riconoscimenti vari della critica e del pubblico. E’ Sandra la protagonista assoluta del film: al suo vibrare attoriale vibrano le corde della nostra sensibilità, soggiogati da ogni suo seppur minimo movimento espressivo, capace di toccare tutti i toni di una scala che va dalla malinconia alla rabbia più violenta.

Forma e storia cinematografica di Requiem sono molto vicini ad una grande opera partorita da Lars von Trier oltre dieci anni fa, e sempre più fondamentalmente presente nell’odierno immaginario cinefilo: ovvero, Le onde del destino, il momento di sospesa transizione tra Dogma e quasi-Dogma. Vari sono i punti di contatto tra i due film nordici: una piccola comunità cristianamente pia che tiene prigioniera la psiche di una donna, figura evidentemente ribelle (anche se in Requiem è innegabile come la ragazza sia circondata solamente da un forte affetto, ma talmente soffocante da poter rovinare chiunque, almeno quanto può fare il sentimento suo opposto), la ricerca di libertà nell’amore e nell’amicizia vissuti come rapporti di totale abnegazione, e la presa di coscienza della propria alterità e solitudine, fondamentalmente causa di una scissione psichica, fino alla morte come sacrificio e martirio dell’eroina; non ultimo l’uso di una telecamera innamorata della sua protagonista, che la pedina osservandola da punti di ripresa sghembi, circondandola con movimenti traballanti da macchina in spalla, mettendosi in scena in una cornice "documentaristica", ma compensando la propria povertà di mezzi attraverso un approfondito studio psicologico, conscia che questo è l’unico modo per lasciarsi prendere per mano da Michaela. Senza dimenticare l’uso della musica, che evita il ricorso a brani originali per sottolineare l’atmosfera del film, preferendo affidarsi a un repertorio composto da band del progressive degli anni Settanta, come i Deep Purple con la loro Anthem: e vediamo più volte Michaela ballare, prima felice, al suono di un rock che è libertà, sesso e amore, estasi e gioia di vivere; ma la donna - si sa - è, allo stesso tempo, santa e demonio, tanto che vediamo cadere Michaela sempre più nella spirale della malattia proprio attraverso una danza che muta in quella di un’ossessa tarantolata, di una strega pericolosa per sé e gli altri; come se la ribellione dei vent’anni dovesse avere un suo limite, per non essere solo disagio.
Ma ciò che maggiormente sorprende è lo sguardo di Schmid: razionalmente esterno, eppure partecipe, capace di donarci una visione puramente Laica del nostro vivere.
Tutto per simboleggiare con semplicità e coerente, obiettiva incisività lo spirito di un tempo già lontano.

conferenza stampa del film Requiem

(Requiem) Regia: Hans-Christian Schmid; soggetto: liberamente tratto dal “caso Klingenberg”; sceneggiatura: Bernd Lange; fotografia: Bogumil Godfrejow; montaggio: Bernd Schlegel e Hansjörg Weissbrich; interpreti: Sandra Hüller (Michaela Klinger), Burghart Klaussner (Karl Klinger), Imogen Kogge (Marianne Klinger), Friederike Adolph (Helga Klinger), Anna Blomeier (Hanna Imhof), Nicholas Reinke (Stefan Weiser), Jens Harzer (Martin Borchert), Walter Schmidinger (Gerhard Landauer); produzione: 23/5 Filmproduktion Gmbh, Bayerischer Rundfunk, Sudwestrundfunk, Westdeutscher Rundfunk, Arte; distribuzione: Lucky Red; origine: Germania 2006; durata: 96’; web info: sito italiano.

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