RFF 2008 - Waltz in Starlight - Concorso

Scegliere un modello a cui ispirarsi durante i difficili anni dell’infanzia è una prassi molto comune in ogni parte del mondo, soprattutto in un paese fortemente attaccato alle tradizioni come il Giappone. Le sensazioni che si provano nell’ammirare una persona più grande, specialmente se appartenente al nucleo familiare d’origine, sono simili a quelle ispirate da un walzer di giocosa allegria che ti portano a misurarti con un sentimento che non riesci a spiegarti, talmente è radicato nella profondità più estrema del tuo animo e allo stesso tempo nello strato più superficiale dell’epidermide. La eco di ciò che è stato nostro padre o, ancor prima, nostro nonno, risuona puntuale ed immancabile nelle orecchie sussurrandoci ciò che entrerà a far parte dei valori che fonderanno le basi dell’intima coscienza.
Tutto ciò viene analizzato in questo piccolo, delicato film, girato a metà tra lo stile documentaristico e un incerto filmino casalingo, soffermando lo sguardo della macchina da presa sugli sguardi, malinconici e lungimiranti dei suoi protagonisti: Nobuto, un giovanissimo fotografo, e suo nonno, simpatico ed arzillo settantottenne, ammirato ed idealizzato dal nipote come l’ultimo dei saggi. Muovendo silenziosamente la cinepresa tra le piccole viuzze di un minuscolo paesino della provincia nipponica, si vedono gesti, tradizioni ed ingenui comportamenti che, messi in contrasto con una caotica metropoli come Tokyo, non solo vogliono indirizzare lo spettatore ad una riscoperta di valori essenziali come la genuinità e la semplicità, ma anche accompagnarlo in un fantastico viaggio esistenziale che tenderà a cambiare per sempre la vita del protagonista e, almeno nelle intenzioni, di chi l’osserva. Inoltre, lo sguardo del regista si sdoppia, filtrando le sue immagini attraverso le foto scattate dal giovane ragazzo, quasi a voler fermare il tempo e a rendere immortali istanti che la memoria tenderebbe a sbiadire.
Noburo, in realtà è l’alter ego di Wakagi, il quale attraverso una storia universale, che ricorda alcuni passaggi fondamentali della vita di tutti noi, ci racconta una sorta di autobiografia, presentandoci la sua passione iniziale, la fotografia, e l’uomo a cui si è ispirato e che lo ha fatto diventare l’uomo che è oggi. Altro elemento autobiografico interessante è la presenza di due ragazzi affetti da un lieve ritardo mentale che non solo rappresentano i veri amici del regista, ma ci dimostrano come la bontà e l’umiltà del nonno gli abbiano inculcato la capacità di arrivare al cuore delle persone senza badare a cose superflue come l’aspetto esteriore ed il giudizio altrui.
Anche questa pellicola, e fino ad ora sembra essere la costante dei film in concorso al festival, non segue una struttura narrativa lineare e sembra non avere una sceneggiatura scritta, relegando alle immagini il compito di narrare e stupire. Tutto ciò attraverso una fotografia scarna ed essenziale che non vuole essere eccessivamente bella e costruita, cercando di riproporre la vera natura dei ricordi, ambigua e non sempre intrisa di tinte fiabesche.
(Hoshikageno Waltz); Regia, sceneggiatura, fotografia: Shingo Wakagi; montaggio: Tamae Ohtsuka; interpreti: Koishi Kimi, Nobuto Yamaguchi, Eiji Kimi, Hiroyasu Hisobe; produzione: Youngtree films, Tohokushinsha Film Corporation; origine: Giappone, 2007; durata: 97’.
