Riprendimi

Riprendimi è un film di finzione pieno di realtà e un’opera due volte generazionale: per il linguaggio che esprime e per i temi che tocca. Formalmente il film è disordinato e digitale. Povero e convulso, agile e pieno di energia. Piacevolmente contaminato dagli sviluppi e dalle mode del documentario. Il suo realismo è leggero, ginnico e nervoso come la realtà e come quel cinema giovane e povero che alla realtà cerca di correre dietro. Nei contenuti è un film sui trentenni di oggi, non su quelli di qualche anno fa (Ultimo bacio su tutti) che erano paradigmatici di una piccola e fortunata fetta di paese. I ragazzi di Riprendimi, due protagonisti e almeno sei ragazzi che gli ruotano attorno, possono fornire indicazioni e tirare lo stomaco ai figli di papà e a quelli di nessuno, che sono senza dubbio la maggior parte. Giovanni e Lucia sono persone che portano addosso i segni del tempo. Sono precari dinamici, confusi e per niente scemi. Vittime di un precariato professionale, esistenziale e sentimentale. Anche se non è specificato il nesso tra i problemi di lavoro e quelli di coppia. Il gioco narrativo che intreccia una vicenda sentimentale al tentativo di un documentario sul precariato è un segnale da non sottovalutare in un discorso sulla storia del cinema italiano. La stagione 2007/2008 va ricordata come l’anno in cui si è sviluppato significativamente un rapporto tra precariato e cinema italiano. Laddove per cinema italiano non si fa più nessuna distinzione tra fiction e documentario. Film sul precariato sono: Le pere di Adamo (Guido Chiesa, doc.), Parole Sante (Ascanio Celestini, doc.) Tutta la vita davanti (Paolo Virzì, fiction commedia) ed ora Riprendimi (finzione in stile doc.), che non è direttamente un film sul precariato ma di precariato dice molto. Dovrebbe uscire un altro lavoro sull’argomento, forse in autunno: una docu-fiction diretta da Federico Rizzo e dal titolo Fuga dal call Center: luogo ormai simbolico di una condizione socio-storico-generazionale. Questi film, così diversi tra loro, danno l’idea di quanto sia sentito il problema e di quanto il cinema italiano dell’immediato futuro possa essere influenzabile da questo argomento. Sono tutti piccoli film, nel senso della ristrettezza economica della produzione e della nicchia di pubblico a cui si rivolgono. Tutti, ovviamente, tranne quello di Virzì, che con la sua grandezza e la sua solidità chiude il cerchio e un primo discorso sull’argomento. In un anno abbiamo centrato il punto col documentario e la commedia di costume: due modi piuttosto distanti e complementari di mettere il cinema la servizio del problema e delle masse. Segnale positivo. Non è da escludere che la prossima commedia giovanilistica possa risentire di questa atmosfera. Noi lo speriamo. Riprendimi, dicevamo, é prima di tutto una storia d’amore realisticamente al presente. Marco Foschi ed Anna Rohrwacher sono un attore ed una montatrice. Lei è brava ma il suo collega dice di lei: “Ha un contratto di tre mesi e poi io rischierò di non vederla più. E’ molto brava ma questo non basta. E’ un peccato perché mi trovo benissimo a lavorare con lei”. Giovanni e Lucia hanno in comune una storia d’amore in crisi ed un bambino delizioso che si chiama Paolino. Lui non ce la fa più e decide di mollare. E’ innamorato di un’altra donna (Valentina Lodovini) e decide di abbandonarsi al suo sentire. Lei soffre e non si rassegna. E’ la storia di una fuga contestualizzata nel tempo e di un abbandono. Sono importanti le riflessioni dei protagonisti. Tutte possibili ed apparentemente spontanee. Scritte da un’osservazione attenta e partecipata. In questo senso il film è attaccatissimo a questo tempo. Non sappiamo se il precariato professionale ne comporti uno sentimentale. Non capiamo, cioè, se una condizione di insicurezza professionale tolga ai giovani, o meno giovani, la voglia di costruire qualcosa insieme. Siamo certi che il precariato professionale ne faccia nascere uno esistenziale. Che sia in grado, cioè, di smontare la fiducia nel lavoratore, di togliergli tranquillità e di impedirgli di crescere nella maniera più sana e conforme al suo tempo biologico. A questa condizione, però, si può reagire in maniera ambivalente. I ragazzi di Muccino ad esempio, non avevano problemi di precariato professionale. Eppure fuggivano da ogni rapporto stabile come se fosse la peste bubbonica. Il lavoro sembrava esserci e non essere neanche male. Non rappresentava né una direzione né una costrizione. Semplicemente c’era. Un esempio opposto era quello di Vento di terra, di Vincendo Marra. Il ragazzo si allontanava da un rapporto a cui teneva perché non aveva tempo ed energie da dare. Le avrebbe dovute spendere per la famiglia e soltanto più tardi, ma ancora giovanissimo, a cose sistemate e con un posto di lavoro, avrebbe potuto dedicarsi ad un sentimento da coltivare e da trasformare in qualcosa di più grande. Sono due mondi diversi la Roma Pratina di Muccino e la Secondigliano arrugginita e apocalittica di Marra ma i due film ci dicono che l’incapacità di costruire un’unione duratura e adulta non dipende necessariamente da condizioni di precariato economico. Forse la società di Secondigliano è troppo fuori dal presente, con le sue condizioni di indigenza particolare e di caso limite. Ma l’equazione insicurezza economica indecisione sentimentale non trova conferma né nel quotidiano né nel cinema italiano e Anna negri non promuove teorie precise in questo senso. Ciò non vuol dire che il precariato consenta ai giovani di accedere a dimensioni esistenziali favorevoli. E questo disagio il film Riprendimi lo esprime con delicatezza ed efficacia. I problemi sul lavoro sono una cosa, quelli di coppia un’altra. Una storia d’amore finiva ieri come finisce oggi. Figli o non figli. Il presente sta nei modi in cui le persone trattano i loro stati d’animo. Valentina Lodovini (la nuova compagna di Giovanni) è abituata a rapporti senza progetto e nel momento in cui gliene capita uno è talmente sorpresa da avere tanta paura mescolata a un desiderio sotterraneo ed enorme. Le amiche di Lucia hanno caratteri molto differenti e vedono le cose da prospettive opposte. Del presente è la franchezza con cui trattano la crisi isterica di Lucia e la facilità e la franchezza con cui analizzano la loro irreversbile situazione personale. E’ del presente l’ultima notte d’amore di Giovanni con la ex ed è del presente l’ansia di raccontare la realtà filmando la vita privata di giovani paradigmatici. E’ del presente un documentario sul precariato a basso budget, con telecamere che si muovono come occhi e che come occhi si aprono nel cuore della notte. La ricerca di raccontare l’intimo e con questo risalire all’universale. E’ del presente l’ambizione del racconto per immagini di arrivare al nocciolo delle esistenze. L’ossessione per il documento audio visivo. E’ del presente la ricerca di una identità nel mondo e di una felicità promessa dalla società ma di cui non si riesce ad ottenere nessun indirizzo. E’ del presente la difficoltà a prendere una decisione e ad accettare quelle degli altri. E’ del miglior presente di un cinema italiano selvaggio e intelligente questo film a basso costo e così pieno di sorprese, gusto e sostanza.
(Riprendimi); Regia: Anna Negri; sceneggiatura: Anna Negri; Giovanna Mori; fotografia: Gian Enrico Bianchi Shore; montaggio: Ilaria Fraioli Shore; musica: Dominik Scherrer Shore; interpreti: Alba Rohrwacher Marco Foschi, Valentina Lodovini, Alessandro Averone, Cristina Odasso, Francesca Cutolo, Massimo De Santis; produzione: Bess Movie; distribuzione: Medusa; origine: Italia, 2007; durata: 100’
