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Ritorno a Brideshead

Pubblicato il 28 giugno 2009 da Marco Di Cesare


Ritorno a Brideshead

È una trama complessa, quella dipinta in questo freddo mélo inglese in costume tratto da un romanzo di Evelyn Waugh del 1945 (già trasposto dalla BBC in una miniserie del 1981, protagonisti tra gli altri Jeremy Irons e John Gielgud) e presentato a Locarno 2008: si tratta di una fitta ragnatela che avviluppa le vite di ricchi nobili colti lungo il loro disfarsi, un divenire non dissimile da chi sta loro intorno, destini che vivono solamente grazie al loro riflettersi in una superficie lucida che diventerà una prigione. Un luogo di pena che ha un nome ben preciso: ’Brideshead’, dove ogni cosa lì deve tacere, in modo particolare i sentimenti.

La pellicola comincia più volte, continuamente, procedendo a ritroso attraverso frammenti di presente: fin dal prologo, quando la macchina a mano segue un ufficiale dell’esercito, Charles Ryder, mentre sta uscendo da una villa, insolito centro di comando durante i primi attimi della Guerra contro Hitler, inseguendo i pensieri di un uomo che rincorrono un passato per nulla lontano che lo vede affermato pittore, di ritorno da un viaggio in Africa lungo due anni, conteso e celebrato durante un vernissage su un transatlantico, dove ricchi galantuomini rendono omaggio alla sua arte, portando in dote tanto denaro sonante, oltre che il loro rispetto. Improvvisamente una donna gli sorride da lontano, sfuggente come l’amore non consumato che insieme vissero dieci anni prima, ai tempi della loro giovinezza. L’età in cui lui era un ragazzo della middle-class di Paddington, Londra, orfano di madre e figlio di un uomo gelido, accettato a Oxford, nella patria della futura classe dirigente britannica. Un eremo dove incontrerà Sebastian, un bambino indifeso poco più che adolescente, col quale allaccerà una tenera relazione, che lo porterà dalla sua aristocratica famiglia, nella tenuta di Brideshead, splendido museo delle cere. Statue mute, perché lì solo la religione ha il dono della parola: nella fattispecie un oltranzista verbo cattolico che la mater familias Lady Marchmain (Emma Thompson) come un virus ha trasmesso ai suoi quattro pargoli, per meglio giustificare il suo dominio su di loro, oltre che testimoniare tutto il proprio amore. Ma presto lo sguardo di Charles - come un turista nel paese dell’apparire - si poserà su Julia, la sorella di Sebastian, meraviglia tra tante meraviglie che puzzano di morte.

È un eterno ritorno, un andare avanti per tornare indietro, che fa suo l’incedere proprio di una lenta processione che accetta il proprio invariabile destino. Tutto ruota intorno a quella costruzione che è Brideshead, sempre rivisitata come qualsiasi altro costrutto mentale, pietra angolare dove la cultura d’appartenenza assomiglia sempre più alla corruzione dell’individuo e della sua libertà: una costrizione, però, della quale quasi nessuno riesce a fare a meno. Per questo motivo il film segna continui inizi che non sembrano portare a nulla, trattenuti a terra dalle circostanze date, mentre cercano di liberarsi dal giogo che li trattiene. Momenti che riescono a sopravvivere a qualsiasi stravolgimento, come lo scompiglio ricco di understatement portato da Charles, tipico ospite - o straniero se si preferisce – che dona la novità all’interno di un nucleo chiuso, originalità per alcuni scandalosa quanto il suo ateismo.
Peccato che Charles sia uno straniero ricco di un’ambiguità che è emblema del nuovo mondo, una media borghesia lontana dall’aristocrazia di sangue: entrambe si scrutano l’un l’altra con un misto di stupore e di inimicizia, legate l’una al presente in quanto passaggio obbligato per realizzare un futuro, l’altra a un passato che si trasmuta irrimediabilmente in un presente immutabile, come quello prospettato dalle religioni. I valori del nuovo che avanza, tuttavia, non saranno così diversi da quelli del passato, vuoti come la moneta che tintinnando fa un rumore imbarazzante, assai più degli stessi moti dell’animo, costretti a pagare dazio in una società dove tutto rappresenta una merce da scambiare. Perché l’importante è adattarsi alle nuove condizioni sociali, come insegna la darwiniana evoluzione della specie, qui emblema di una natura e di una società tra loro sovrapponibili. Natura fatta di un gelido apparire, bello a vedersi come le sculture che adornano le sale di Brideshead e che sbalordiscono Charles, subito dolcemente rimbrottato da Sebastian che gli chiederà di non avere quell’espressione da turista. Eppure Charles sarà sempre un turista lungo tutta la storia, non mostrando la capacità di appartenere pienamente ai luoghi che visita, sempre un po’ esterno e straniero, estraneo a qualsiasi circolo – come gli dirà il suo saggio amico – riottoso alle regole, capace magari di sentimenti nobili, ma anche un po’ un Bel Ami alla ricerca dell’ascesa sociale. Ma in ogni modo è in lui che risiedono le maggiori complessità della pellicola, visto che fino all’ultimo sfuggirà all’appar(ten)enza a qualsiasi schematismo.
Sarà piuttosto Sebastian a mantenere le promesse, mostrandosi fin dall’inizio senza alcuna reticenza o doppiezza, rimanendo sempre quello che è: un effeminato dandy omosessuale ribelle dedito al bere, interiormente sì molto meno debole di quanto la sua fragilità possa far pensare, ma in ogni caso è lui l’unico scandalo in un mondo sempre conforme alla regola.
Buona creanza cinematografica d’altro canto ben rispettata dal Julian Jarrold di Becoming Jane e Kinky Boots che ha attraversato la materia e il tempo della narrazione con una perizia che convince, nonostante certe lungaggini nel secondo terzo del film e una colonna sonora musicale che troppo spesso si avvicina a livelli di guardia anche in un’opera che fa dell’impossibile scardinamento della bella confezione la sua ragion d’essere, in una comunque riuscita unione di forma e contenuto.


CAST & CREDITS

(Brideshead Revisited); Regia: Julian Jarrold; sceneggiatura: Jeremy Brock e Andrew Davies dall’omonimo romanzo di Evelyn Waugh; fotografia: Jess Hall; montaggio: Chris Gill; musica: Adrian Johnston; interpreti: Matthew Goode (Charles Ryder), Ben Whishaw (Sebastian Flyte), Hayley Atwell (Julia Flyte), Emma Thompson (Lady Marchmain), Michael Gambon (Lord Marchmain), Greta Scacchi (Cara); produzione: 2 Entertain, BBC Films, Ecosse Films, HanWay Films, Screen Yorkshire, UK Film Council; distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures; origine: Gran Bretagna, 2008; durata: 132’; web info: sito internazionale.


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