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RomaFictionFest - La compagine italiana: dramma e commedia

Pubblicato il 7 luglio 2007 da Fabiana Proietti


RomaFictionFest - La compagine italiana: dramma e commedia

Giocando in casa, l’Italia ha approfittato della prima edizione del FictionFest per esporre i suoi manicaretti televisivi, proponendo con arguzia, non solo le anteprime – che pure hanno mosso qualche polemica – di Il cielo è sempre più blu, Caravaggio e Guerra e pace, ma anche successi approdati a una seconda stagione – come I Cesaroni – o quelli già andati in onda come Le ragazze di San Frediano, Raccontami e Provaci ancora Prof.
Se i prodotti stranieri visti in concorso sembrano concentrarsi in prevalenza sui toni più cupi del mistery e del poliziesco, l’Italia televisiva punta decisamente sulla commedia, con richiami più o meno espliciti all’amatissima commedia all’italiana di cui al cinema, a parte rare eccezioni, si è persa ogni traccia.
Il buonumore sembra dunque un imperativo imprescindibile per la fiction delle tv generaliste (Rai e Mediaset) a confronto con un’utenza variegata e soggetta pertanto a restrizioni censorie. Mentre le reti Sky, che, come abbiamo accennato, sono sempre più coinvolte nella produzione di serial originali, dopo il successo ottenuto con Boris, appaiono meno vincolate nella loro programmazione e di nuovo, come le produzioni straniere, inclini a generi solidi quali il thriller e il noir.
Come emerso dalla conferenza stampa ‘work in progress’, relativa al lancio di nuove miniserie targate Sky ispirate ai film Quo Vadis Baby e Romanzo Criminale, la libertà creativa garantita dall’utenza più ristretta e qualificata degli abbonati Sky si riflette poi nel vaglio dei nuovi progetti, più moderni e ammiccanti delle apologie di santi e martiri immancabili nei palinsesti delle reti in chiaro.
Non che per i loro biopic Rai e Mediaset non allestiscano grandi produzioni: l’impiego di registi dalla lunga militanza cinematografica come Soavi, Tavarelli, o Marco Turco, documentarista di valore che appena firmato Il cielo è sempre più blu, garantisce, almeno a livello tecnico, una cura assoluta della confezione.
Il problema, semmai, riguarda l’approccio alle storie, invariabilmente edulcorato per rientrare negli stretti confini delle produzioni tv, che vengono però ad incontrare – non si può negarlo – il gusto del pubblico medio. I prodotti più apprezzati e seguiti sono infatti i biopic sui santi del popolo – pensiamo alla ‘sfida’ tra i due Padre Pio di Rai e Mediaset: addirittura due fiction sullo stesso personaggio – o i navigati Maresciallo Rocca e Don Matteo che sembrano sancire la riuscita del genere poliziesco soltanto quando si combini con toni da commedia.

Anche per la vetrina del FictionFest la compagine italiana pare rappresentata per lo più da lavori leggeri con alcune eccezioni come l’episodio della serie Crimini, Terapia d’Urto – in rappresentanza del thriller nostrano – e le storie di impianto drammatico su Provenzano (L’ultimo padrino di Risi) e sulle piaghe sociali del quartiere di Scampia (O’Professore) cui ora anche il cinema si sta interessando, con un progetto di Matteo Garrone.
La componente drammatica è accettata nella fiction e risulta vincente soltanto quando sia al servizio di storie vere – ma ampiamente romanzate – in cui scatta nel pubblico un meccanismo voyeuristico che sa di morboso, simile a quello che porta al successo i reality shows e fa la fortuna di canali gossippari come E! Entertainment, nelle sue varianti nazionali.
Ecco dunque giustificato l’indugiare compiaciuto sui dettagli più pruriginosi – come una tossicodipendenza o una malattia mortale – nella scrittura da fiction: nessuno vuole vedere persone felici, la serenità non vende. I biopic – secondo una pessima consuetudine in voga anche nel cinema più recente – devono quindi pigiare, non tanto sulla drammaticità degli eventi, naturale quando si passi al vaglio l’intera esistenza di un personaggio, quanto sul dettaglio morboso che suscita nel pubblico una catarsi che ha il sapore della rivalsa.
La fiction italiana pare oscillare esclusivamente tra questi poli: la commedia rasserenante, quando si tratti di prodotti originali, di storie fittizie, e il drammatico più spinto, da pornografia del dolore, quando si affronti il biopic. E i lavori presentati al FictionFest non fanno che confermare quest’impressione, rigidamente divisi in prodotti per famiglie – colorati, divertenti, ‘caciaroni’ – e biografie di artisti o personaggi votati all’autodistruzione, in cui l’aspetto privato e decadente finisce per oscurare tutto il resto, quel resto che costituisce però il motivo per cui se ne parla.


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