Romanzo di una strage

Romanzo di una strage racconta il presente, come fanno tutti i film storici, e dice che Giuseppe Pinelli e Luigi Calabresi hanno ottenuto una completa riabilitazione. Almeno loro giustizia. Napolitano lo ha voluto, un dibattito si è aperto e due vedove si sono incontrate un pò di tempo fa. Un raggio di luce, un lampo isolato di verità attraversa un film per il resto intriso di polvere grigia e oscurità, di certezze e purtroppo ipotesi che accostate le une alle altre danno l’idea allo spettatore qualunque, se ce ne fosse ancora bisogno (ma ce n’è ancora bisogno!) di quanto male non solo abbia creato quel terribile giorno di 43 anni fa al nostro paese, ma anche di quanta fragilità quel boato abbia scoperchiato, di quanta instabilità e precarietà abbia messo in evidenza. La giovane democrazia di cui parla Moro/Gifuni nel film, già raccontata da Giordana con altri episodi del peggior dopoguerra italiano (vedi il delitto Pasolini e la piaga della Mafia) ha mostrato, con quel primo giorno di guerra, tutta la sua inesperienza, la sua debolezza. Il film di Giordana, Rulli e Petraglia, perfettamente in linea con l’idea di cinema di questi tre autori, racconta un presente nel quale i frammenti di verità raccolti non bastano ancora a fare giustizia, di quanto ad ogni momento chiaro su quella tragica vicenda se ne possano accostare un numero molto più alto di oscuri. Di come Piazza Fontana singifichi ancora oggi rabbia, frustrazione, rassegnazione.
Romanzo di una strage è un film di certezze insufficienti a scacciare le ipotesi, i dubbi, gli enormi vuoti di giustizia, ed è un film che per questo scatena reazioni forti, come se quel povero, rischioso, coraggioso e doveroso lungometraggio fosse l’unico bersaglio contro cui potersi sfogare, e paradossalmente è bello che un’opera cinematografica, in un momento in cui il cinema sembra staccatissimo dal cosiddetto paese reale, sia capace di farsi prendere a spintoni, diventi oggetto in grado di rifar vivere il reale, sia in grado di tornare ad essere strumento di incontro, di dialogo, un enzima che faccia tornare un pò la voglia di guardarsi dentro. Bomba o più bombe, Cucchiarelli o Sofri, il film di Giordana sembra rispettabile e in buona fede. Dovrebbe essere un film per tutti e speriamo almeno che lo sia per parecchi. Ciò che conta davvero, al di là del fatto che le bombe siano due invece che una, è piuttosto l’assenza di giustizia nel finale, la possibilità di lasciare corda libera alla fantasia di questo efficace romanzo, il fatto che gli unici punti fermi siano nella mancanza di risarcimento per le vittime, la beffa che ai parenti di queste siano state chieste le spese processuali. E’ questa la grande verità del film, la grande certezza raccontata in un’opera solida, attraente e veloce, fitta di personaggi e parole eppure capace di lasciarsi seguire. Di coinvolgere e testimoniare. Ci si chiedeva quando qualcuno avrebbe avuto il coraggio di fare un film su Piazza Fontana, si sentiva dire che non glielo avrebbero lasciato fare. Che l’Italia non era pronta. Oggi quel film c’è, quella bomba esplode davvero davanti agli occhi di chi ha voglia di guardare e di sapere. C’è un film che lo dimostra, e c’è un repertorio, subito dopo, molto più vero del cinema, che racconta di quanta gente seguì i funerali delle vittime. L’Italia di questi giorni è piena di schermi che mostrano tali immagini, e sono usciti pezzi di giornale su questo argomento, preziosi tutti, preziosissima la lucida e appassionata reazione di Andriano Sofri, come i commenti di Tobagi e Calabresi, come la lettera di Giordana ad Ezio Mauro, come tutte le parole spese a riflettere su quel giorno e quell’Italia che partiva da lontano e arriva fino ad oggi. Su quella tragedia c’è adesso un dito in meno di polvere, ed un buon film pieno di elementi e parti da discutere, nè è il responsabile.
(Romanzo di una strage); Regia: Marco Tullio Giordana; sceneggiatura: Marco Tullio Giordana, Sandro Petraglia, Stefano Rulli, fotografia: Roberto Forza; montaggio: Francesca Calvelli; musica: Franco Piersanti; interpreti: Valerio Mastandrea (Commissario Luigi Calabresi); Pierfrancesco Favino (Giuseppe Pinelli) Giorgio Colangeli (Federico Umberto D’Amato), Fabrizio Gifuni (Aldo Moro), Omero Antonutti (Presidente Giuseppe Saragat) Luigi Lo Cascio (Giudice Ugo Paolillo), Giorgio Tirabassi (Il Professore) Stefano Scandaletti (Pietro Valpreda), Denis Fasolo (Giovanni Ventura) Giorgio Marchesi (Franco Freda); produzione: Cattleya, Rai Cinema, Babe Films; distribuzione: 01 Distribution; origine: Italia, 2012
