Sakuran - Roma 2010 - Focus
La sezione Focus – Occhio sul mondo della quinta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma offre quest’anno sette titoli selezionati tra cinema e animazione che vanno a comporre una panoramica sulle più recenti produzioni giapponesi. Tra le pellicole presentate, Sakuran è il primo lungometraggio di Mika Ninagawa, nota in patria soprattutto come fotografa. Della giovane regista l’Auditorium Parco della Musica ospita infatti anche una mostra fotografica, che esibisce i colori sgargianti, il sapore pop e persino i temi figurativi (bei fiori variopinti e sgargianti oranda che nuotano con eleganza) dominanti anche nel suo film. Presente in sala per la proiezione, Mika Ninagawa ha spiegato che Sakuran, tratto da un manga omonimo, è ambientato circa tre secoli fa nel quartiere del piacere Yoshiwara. Tuttavia, quello che ad un primo impatto colpisce della pellicola, è proprio la distanza esibita dalla volontà di storicizzare la narrazione che, al contrario, si sviluppa tutta in quella bolla sospesa fuori dal tempo che è la “casa del piacere” in cui vive rinchiusa la protagonista Kihoya. Questa tendenza ad eludere in maniera manifesta il senso della dimensione storica avviene anzitutto attraverso lo stile: un montaggio a tratti frenetico di brevissime inquadrature fisse (che visivamente richiama le pagine di un manga, dove stanno giustapposti tanti disegni che corrispondono ai “fermi immagine” filmici), una colonna sonora eclettica ed eterogenea e soprattutto un impianto visivo debitore di certa estetica pubblicitaria contemporanea. Dominate come da un senso di “horror vacui” le inquadrature si popolano di oggetti e colori affastellati insieme. La raffinata sobrietà giapponese, minacciata da una pesantezza tutta occidentale, si fonde con quello stile tipicamente pop che caratterizza le immagini di un altro grande fotografo di moda, David LaChapelle. Il risultato, esteticamente ibrido, mantiene tuttavia un senso di coesione e di coerenza dal punto visivo e anche una sua dose di originalità.
La narrazione si sviluppa seguendo certi snodi ormai divenuti dei topos quando si descrive il mondo delle geishe - che tanto affascina l’Occidente – e procede quasi sulla falsariga del noto Memorie di una geisha. Kihoya viene venduta da bambina e istruita per diventare una “oiran”; nel suo piccolo, quasi claustrofobico mondo, pieno di invidie e spesso crudele, imparerà a difendersi con astuzia e caparbietà, fino a quando incontrerà il vero amore. La metafora del pesce prigioniero nell’acquario a simbolo della condizione femminile domina il film.
Si ha l’impressione, nell’insieme, che Sakuran mostri del Giappone solo ciò che l’Occidente si aspetta di vedere: pesciolini rossi dalle movenze sinuose, fiori di ciliegio e geishe dai vestiti preziosi e dalle acconciature meravigliose. E si ha il sospetto, anche, che invece dal cinema nipponico potrebbe trapelare qualcosa di più sentito e profondo sull’immensa e complessa cultura di questa nazione. Da una regista giapponese, peraltro donna, sarebbe stato insomma legittimo aspettarsi una riflessione più corposa su un tema come quello affrontato, che invece viene sviluppato in maniera piuttosto naïf. E’ un esordio, quello di Mika Ninagawa, sicuramente non privo di pregi, ma che tuttavia non convince ancora completamente.
(Sakuran) Regia: Mika Ninagawa; sceneggiatura: Yuki Tanada (dal manga “Sakuran” di Moyoco Anno); fotografia: Takuro Ishizaka; montaggio: Hiroaki Morishita; musica: Ringo Shena; scenografia: Namiko Iwaki; interpreti: Anna Tsuchiya, Kippei Shiina, Hiroki Narimiya, Yoshino Kimura, Miho Kanno; produzione: Asmik Ace Entertainment; distribuzione: Asmik Ace Entertainment; origine: Giappone; durata: 111’.