Schermi d’amore 2008 - Canciones de amor en Lolita’s Club

Un poliziotto bello e dannato, Raul, braccato dall’Eta e costretto a tornare nella città natale. Suo fratello Valentin, che gli somiglia come una goccia d’acqua ma è minorato mentale. Una prostituta bella e disperata, Milena, di origini colombiane. Queste le punte del triangolo che lo spagnolo Vicente Aranda pone al centro del suo ultimo film, Canciones de amor en Lolita’s Club, mélo ad alto tasso erotico come di consueto per il suo cinema.
Un film carnale che fa del sangue e degli umori corporei i vettori della comunicazione, in uno scambio mai linguistico ma prettamente fisico, benché non strettamente sessuale. Anche tra i due fratelli infatti – bizzarra ma significativa la scelta di affidare il duplice ruolo allo stesso attore, Eduardo Noriega, volto celebre del cinema iberico, noto per le pellicole di Aménabar, Apri gli occhi e Tesis – la distanza intellettuale impossibile da colmare a parole viene superata da abbracci sofferti o con l’esplorazione del corpo nudo e inerme del più debole, guardato con stupore dal fratello come altro da sé eppure speculare, tanto che nel finale il rapporto viene invertito quando è Raul nudo a trovare il cadavere di Valentin, ucciso per errore al suo posto, e a ricoprirne poi il ruolo come figlio/amante/pusher di Milena.
Aranda postula il contatto fisico come unica conoscenza reale e possibile, il sesso come compensazione dell’amore filiale e genitoriale: tramuta i tanti amplessi del film – spesso da tergo, a sancire un possesso, un’appartenenza – in altrettanti surrogati del rapporto genitori/figli, un nesso ribadito dalla figura ambigua di Olga, fidanzata prima con Raul e divenuta poi compagna del padre e dunque madre, tuttavia desiderabile: è per questo che la visione del coito (passato) della donna con il fratello assume per Valentin il valore di una scena primaria che sconvolge la sua mente elementare, e proprio per questo pura.
Ma il triangolo sentimental/sessuale che muove il film poggia del tutto sul ruolo materno ricoperto da Milena, che vezzeggia Valentin come farebbe con la bambina lasciata a crescere in Colombia, e che ama proprio perché permette a lei, puttana, di vivere le emozioni materne negate, soffocate altrimenti nell’eroina. Uno schema perfetto, mandato in frantumi dall’ardore di Raul che come rappresentante di una mascolinità forte si comporta da padre, interrompendo il rapporto edipico tra i due e minando la fragile psicologia di Valentin. Salvo poi essere costretto a ripercorrere le tappe di questa relazione, interpretando il ruolo di figlio e uomo-passivo per la donna, in un finale identico che sottolinea l’archetipicità di un tale modello, evidente anche nel gioco di specchi per cui tutte le altre prostitute del locale si comportano come altrettante madri sostitute per Valentin, pronte a ricoprirlo di baci e a giocare con lui, rappresentante di una sessualità incapace di dominare o intimidire.
Dietro una parvenza da thriller erotico – pensando anche all’altro film in concorso, The Walker di Schrader, sembra consuetudine ormai disorientare il pubblico giocando con generi che sono pura facciata - Aranda propone con il suo ultimo lavoro una potente riflessione sull’amore e il dominio, sul gioco delle parti che scandisce ogni relazione amorosa così come i legami di sangue. E lo fa pressando questi corpi pulsanti di vita, pieni come i fianchi e le natiche di Milena (la sensuale e dolcissima Flora Martìnez) sulle cui rotondità la macchina da presa indugia rapita come lo sguardo dei due fratelli, ossessionati da un’immagine di femminilità così prorompente, l’unica in grado di colmare un vuoto interiore.
Nonostante alcune incongruenze del racconto, non si può non apprezzare in questo Lolita’s Club la capacità del cinema iberico – seppure rappresentato da un regista d’annata – di essere vivo e attaccato alla contemporaneità, di ricercare sensazioni forti esplorando i generi e i corpi d’attore senza falsi pudori ma con uno sguardo puro e curioso, come quello di Valentin, dietro al quale non si fatica ad immaginare quello dell’autore.
(Lolita’s Club); Regia e sceneggiatura: Vicente Aranda; soggetto: tratto dal romanzo omonimo di Juan Marsé; fotografia: José Luis Alcaine; montaggio: Teresa Font;musica: José Nieto; interpreti: Eduardo Noriega (Raul e Valentin Fuentes), Flora Martinez (Milena); produzione: Lolafilms, Trivision; origine: Spagna 2007; durata: 91’
