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Scrivilo sui Muri

Pubblicato il 21 settembre 2007 da Edoardo Zaccagnini


Scrivilo sui Muri

"Peggio di così poteva andare". Con quel titolo da brividi e l’ultimo bel moro da lanciare. Con Cristiana la piccina a spalancare gli occhietti celesti e furbetti sulle locandine di tutte le piazze. Coi giovani più belli a prendersi altri giovani, più giovani di loro e più qualunque. Con brufoli, cartella e l’accettazione di ogni mito. E invece no. Non del tutto almeno. Film "tre metri sotto il cielo", che non "prova a volare", scusate il basso gioco di parole, ma l’ennesima invasione "scarmocciana" stavolta è scongiurata, sia lodato il cielo. Pochi messaggini d’amore sui muri del titolo, ma il racconto moderatamente educato di una realtà metropolitana e marginale: quella dei writers. Raccontata senza trivella, ma nemmeno con la paletta da spiaggia dei bambini.
Che piacere ridare ai termini il loro significato. E poter dire onestamente di commedia giovanile senza pretese, rinunciando alla mistificazione della realtà, come avviene per operazioni che passano da filmetti ma che filmetti non sono. Non si rischia qui di accostare la forma verbale a qualcosa che non gli appartiene, e che è altro: di più della rinuncia al racconto cinematografico e al rispetto per il pubblico. Morsa vigliacca, piuttosto, sui cuccioli di uomo appena fuori dalla tana, ormai inospitale, per fame d’emozioni e sacrosanta ricerca di identità. Giancarlo Scarchilli non è Luis Prieto, per fortuna, e non è Stefano Lucini, meno male. E Scrivilo sui muri non è quello che impone il giustificato pregiudizio. E’ un filmetto nel senso più nobile del termine. Una commediola giovanile che tra quarant’anni suonerà dolce come alcune perline anni cinquanta. E’ un filmetto davvero e non un’accozzaglia di immagini e suoni. E’ narrazione semplice, leggera, povera ma non imperdonabile messa in immagini di pagine fortunatissime, selezionate per importanza e giustapposte da operai svogliati sotto la guida di scaltri imprenditori. E diventa addirittura divertente, allora, e sempre più interessante ed utile, cercare tra le pieghe di questo raccontino pulito qualcosa di riferibile alla sociologia del giovane cinema italiano.

Ritroviamo in carrellata i padri e figli negli interni borghesi. Alcuni di più ed altri di meno. Come in Muccino e come in Moccia, da questo non si scappa, ma ci si può stare e si può cogliere il segno che queste tempeste hanno lasciato sul cinema e sulla società. La borghesia domina, ma è fatta di piccole sfumature e qualche volta gli capita di fare amicizia oltre confine rionale. Il maggior numero di inquadrature e di parole, però, spetta ai vani con più libri e tendaggi. L’illuminazione accurata trionfa sullo squallore dei meno abbienti e fa contrasto. Ma ottiene più spazio sempre per lo stesso motivo: la gente a fiotti vuol vedere cose belle ed il brutto problematico non paga. Gli impegnati troveranno altrove immagini e significati per i loro denti. L’escursione nelle mura fredde e giallastre è per ciò un mezzo raid nei piani di sotto del malmesso mondo ingiacchettato. Tutto torna quando i genitori della bella Cristiana, anche lei non del tutto svincolata dal fiorellino puro che era nel primo film di Brizzi, si scoprono essere il mitico Claudio Bigagli e la materna e svampitella Anna Galiena. Traslati quasi come marionette da grande schermo, restano ciò che erano nel doppio Moccia e in Come te nessuno mai: lui padre distratto e silenzioso, colpevole per non aver commesso l’atto, e lei madre fallimentare in cerca di strumenti. Con piccole modificazioni di scrittura, certo, ma con un’imitazione innegabile di ciò che pare avere funzionato. E per chi ancora avesse qualche dubbio arriva il viallaggio globale di Testaccio a rivendicare la parentela con il secondo film di Gabriele: Come te nessuno mai, appunto, forse il suo migliore. Cristiana ha un fidanzato che somiglia al Silvestrin di Che ne sarà di noi, e a quello di Baby nel secondo capitolo della saga di Molte Milvio: ricco e farlocco. Anche Cristiana punta dritto al sentimento e il figlio di super papà sparisce perché raccontare quel mondo lì diventa ancora un’altra operazione. Si rivedono gli argini tiberini e i platani: il centro è la casa, la periferia il viaggio clandestino per compiere le operazioni e diventare il miglior gruppo.
Grossolano, a proposito, il conflitto tra le due band di writers: tagliato con l’accetta al punto che il paragone più calzante è quello con i Fichissimi di Carlo Vanzina. Peccato, qui il regista poteva davvero lavorarci meglio. Però pazienza, a ripensare allo stato d’animo della pre-visione poteva andare davvero molto peggio. E invece, passata la bufera dell’improponibile sequenza della rissa e di qualche altra gag da pecoreccio, torna a soffiare un venticello fresco a tratti piacevole. E poi Scarchilli si riscatta con l’immissione nella scena di un ragazzo pescato dentro una famosa e polorare trattoria romana: Augustarello. E’ un interprete di se stesso (non nel senso del writer ma in quello del giovanotto coloritamente romano contemporaneo) con in bocca tre o quattro battute niente male. Del resto Scarchilli, che non è un ragazzino ma un signore di quasi cinquant’anni, per sua stessa ammissione rimane fedele al Sergio Citti di cui è stato allievo. E sarebbe importante per tanti giovanotti che oggi fanno film, esser stati assistenti di qualcuno. Molaioli docet. Ultime parole per un giovane attore italiano: Daniele De Angelis, già protagonista in Ma che ci faccio qui e co-protagonista in Last minute Marocco. Un ragazzo bravo, sveglio e intelligente. Non bellissimo, ma capace di un mestiere che speriamo gli riservi tante soddisfazioni. Nel cast c’è anche la cantante Dolcenera. Che non sfigura affatto con la sua recitazione elettrica. Trovata azzeccata.


CAST & CREDITS

Regia: Giancarlo Scarchilli; sceneggiatura: Giancarlo Scarchilli; montaggio: Ugo De Rossi, Roberto Silvi; fotografia: Blasco Giurato; interpreti: Cristiana Capotondi, Primo Reggiani, Anna Galiena, Yvonne Sciò, Daniele De Angelis, Ludovico Fremont, Dolcenera, Alessandro Tiberi, Francesca Mezzano, Michael Schermi; produzione: Ciro e Stefano Dammico e Francesco Pamphili; distribuzione: Eagle Pictures; origine: Italia 2007; durata: 89’


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