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Scusa ma ti chiamo amore

Pubblicato il 28 gennaio 2008 da Giampiero Francesca


Scusa ma ti chiamo amore

Come spesso accade, all’uscita di pellicole dallo schietto carattere commerciale e dal discutibile profilo artistico, si pone il problema di come valutare questi titoli. Appare infatti francamente infruttuoso e fuorviante arroccarsi su posizioni da critica elitaria. Semmai è più utile e corretto prender atto che film come Scusa ma ti chiamo amore di Federico Moccia sono essenzialmente prodotti per il mercato e come tali li valuteremo.

E’ ovvio che con queste premesse il primo e principale metro di giudizio di queste pellicole resta il botteghino. Come qualsiasi prodotto commerciale il successo si misura sui risultati economici ottenuti. Detto ciò appare comunque importante cercare di capire i motivi, le ragioni che fanno di Scusa ma ti chiamo amore l’emblema di queste merci.
La prima necessità per realizzare un prodotto vincente è quello di individuare un target, un segmento di mercato alla quale indirizzare il proprio articolo che, nel caso di questa pellicola, è rappresentata dai teenager. La presenza dietro la macchina da presa di Federico Moccia ( Tre metri sopra il cielo, Ho voglia di te), autore dell’omonimo romanzo e già idolo degli adolescenti, tratteggia il quadro di un modello consolidato. La scelta del titolo, ammiccante, maliardo, in grado di richiamare un amore da favola, consegna a questo modello un marchio di sicuro affidamento. Con un titolo indovinato e una buona dose di pubblicità pregressa il lavoro è già a metà dell’opera. Per aumentare le probabilità di successo è però fondamentale che la pellicola sia semplice, riconoscibile e pop.
La semplicità del prodotto crea quel sottile e calcolato gusto di far credere allo spettatore di essere più furbo degli autori stessi. Ogni carezza, ogni bacio, ogni fremito deve esser percepito con quell’anticipo che basta all’astante per provare un brivido di soddisfazione e per immergersi prima e meglio in ciò che sta per vivere. Questo lavoro misurato di sceneggiatura porta però inevitabilmente ad un racconto prevedibile e scontato in cui ogni svolta, ogni evento è calcolabile al minuto.
La scelta del cast e delle location rende la pellicola immediatamente riconoscibile al suo pubblico. Non a caso accanto ad un divo di casa nostra, Raul Bova, recita una giovanissima Michela Quattrociocche. Il gioco degli specchi è così compiuto. Le scelte del cast rendono immediatamente familiare l’atmosfera e lo sforzo per rispecchiarsi nei protagonisti è ridotto al minimo. Al minimo però è spesso ridotta anche la partecipazione degli attori che non sembrano affaticarsi più di tanto per superare le maschere che gli sono state imposte. La decisione, inoltre, di ambientare le scene in quella Roma radical chic già terreno di conquista dei teen drama nostrani non fa che aumentare la forza di coinvolgimento di questa pellicola. Ponte Milvio, abile autocitazione, la zona Prati e Lungotevere sono diventati, grazie a questo filone, un non-luogo cinematografico riconoscibile a tutti, meta di giovani fan dall’Italia intera.
E’ però nel che suo aspetto pop questa pellicola segna con precisione il suo carattere commerciale. Pop come cultura popolare, come espressione di autoreferenzialità, come summa di tutto ciò che tv, pubblicità, marketing impongono e proclamano. Intere inquadrature, su tutte la sequenza sul faro, riproducono strutture e modelli degli spot pubblicitari mentre i brand di ogni genere fanno capolino fra un quadro e l’altro. Non c’è abito, automobile o accessorio che non rechi con se un marchio, un totem di una generazione. Le frasi da Bacio Perugina, sistemate qua e la, sembrano scelte ad hoc per essere riproposte come SMS dagli stessi adolescenti che prendono parte alla visione. Non a caso, come cita lo stesso film, “più del 50% dei messaggi italiani inizia o finisce con la parola amore”. La colonna sonora degli Zero Assoluto infine, altro gruppo identificativo di un sorta di tribù, con l’aggiunta di qualche pezzo di musica leggera ammiccante (She’s the one di Robbie Williams fa parte delle colonne sonore di molti teen drama americani) completa il quadro di questo perfetto prodotto commerciale.

Tutto ciò non ha nulla a che vedere dunque con gli aspetti artistici del cinema. Il suo punto di riferimento è l’industria, sia quella dei cellulari o quella dei sogni. Saranno i botteghini a decretarne il successo. Se il pubblico affollerà le sale allora sarà una buona merce. Per fortuna però, per citare Morando Morandini, “In estetica non vige la democrazia”.



Giampiero Francesca


CAST & CREDITS

Regia: Federico Moccia; Sceneggiatura: Federico Moccia e Luca Infascelli; fotografia: Marcello Montarsi; montaggio: Patrizio Marone; musiche: Claudio Guidetti; interpreti: Raul Bova, Michela Quattrociocche, Veronika Logan, Luca Angeletti, Ignazio Oliva, Francesco Apolloni, Davide Rossi, Cecilia Dazzi, Luca Ward; produzione: Cecchi Gori Group Tiger Cinematografica, Medusa Film; distribuzione: Medusa; origine: Italia; durata: 110’


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