Shame
Tre anni fa a Cannes l’esordio. Hunger apriva Un Certain Regard e rivelava il talento di un regista dal nome bizzarro ma dallo stile forte ed incisivo, già artista visivo affermato. Steve McQueen è ormai al suo secondo lungometraggio, Shame, con protagonista assoluto un ormai acclamato Michael Fassbender.
La libertà negata di Hunger, che porta al violento sciopero dei detenuti (The Blanket and No-Wash protest), in questa ultima pellicola lascia il posto ad una libertà apparentemente ampia, priva di regole e di vincoli ma, scopriremo, ugualmente restrittiva e dura. È la finta libertà delle dipendenze. In Shame, più precisamente, la dipendenza sessuale.
Brendon, personaggio principale, non riesce a vivere alcun rapporto intimo che non sia spogliato da qualsiasi sentimento. Il sesso diviene una ossessione, una valvola di sfogo cui potere ricorrere senza soluzione di continuità ed in qualsiasi luogo. Sesso consumato con gli occhi, con il corpo, anche solo con la mente. È una routine come un’altra. Routine che viene in qualche modo sconvolta ed ostacolata dall’arrivo di una sorella (Carey Mulligan) ugualmente non del tutto equilibrata, la cui presenza lascia intuire, senza però approfondire, un passato familiare abbastanza torbido da giustificare il deficit emotivo del protagonista.
McQueen, lo aveva anche dimostrato al suo esordio, non è regista che si tira indietro davanti allo scabroso (poco importa se si tratta di sesso o di una qualche forma di degrado). Come in Hunger, la macchina da presa cerca i corpi. Cattura gli spasmi dell’atto sessuale o della semplice eccitazione. Si concentra sulla carne, sui dettagli di un piacere che a tratti si avvicina all’umiliazione.
La regia è ben riconoscibile e costruisce inquadrature accattivanti. La presenza della musica, ossessivamente ostentata, disturba un po’ ma serve probabilmente a dare forma piena a quella sensazione di claustrofobia che sempre più si appropria del protagonista. Stilisticamente il film affascina perché ben diretto ed interpretato. Fassbender, attore nel pieno della sua maturità, regge senza timore i lunghi primi piani che il regista gli concede riuscendo perfettamente a dare credibilità al suo personaggio.
La qualità estetica del film è innegabile. Le sue qualità visive finiscono con il nascondere solo in parte, però, le perplessità. Pur apprezzando l’eleganza e la potenza di alcune sequenze, infatti, poco altro resta della pellicola. Non si capisce bene dove il regista voglia andare a parare. È una storia personale quella che viene raccontata, per quanto le dipendenze siano tratti caratteristici dell’età contemporanea, e resta difficile farsi coinvolgere dal racconto. Potente, anche se un po’ scontato, e ben strutturato, Shame, ma certo non memorabile.
FOTOGALLERY
(Shame) Regia: Steve McQueen; sceneggiatura: Abi Morgan, Steve McQueen; montaggio: Joe Walker; fotografia: Sean Bobbit; interpreti: Michael Fassbender (Brandon), Carey Mulligan (Sissy), James Badge Dale (David); produzione: See-Saw Films, See Saw Films, Film4; distribuzione: BIM Distribuzione; origine: UK; durata: 99’.