Sharm el Sheikh - Un’estate indimenticabile

"Cine-castagna", lo potremmo chiamare, giocandoci su con un pò di sarcasmo. Se non fosse che nella parte finale del film, che è dozzinale dal primo all’ultimo minuto, i protagonisti, o almeno parte di questi, s’affrettino, voltagabbana, a trarre lezione dalle loro ridicole esperienze. E decidano, all’improvviso ambiziosi di tridimensionalità, carne e respiro, snaturando la profanissima natura del prodotto, di arrivare ai titoli di coda con una diversa concezione della vita. Migliori, da un punto di vista umano, e coscienti, finalmente, della loro condizione socio-esistenziale. Consapevoli, di punto in bianco, di ciò che è bene e di ciò che è male. Peccato, paradossalmente, perché nel "cine-panettone", almeno, e magrado tutto, la lezioncina morale non te la fa nessuno. Là tutto è in funzione di procurar risata al popolo "cojone", appoggiandosi, il minimo che serve, alla riproposizione elementare di alcuni elementi del presente. "Brutti" sono e tali rimangono, gli incalliti viziosi protagonisti dei film di Natale. Simpaticamente mediocri per tutto il viaggio, ma svincolati da ambizioni fuori portata, possono concentrarsi molto sulle gag, e guadagnarsi, prendendosi le loro responsabilità, i consensi abbondanti dello spettatore pigro e in piena digestione. Colpisce il loro attraversare (a tasche piene di soldi) il corridoio stretto dei contestatori colti, che insultano le orecchie sorde ed i sorrisi beffardi dell’impermeabile compagnia guadagnante. Ma loro se ne fregano.
Nessuno qui li vuole elogiare, questi anti film odiati dai cinefili e divorati dal pubblico, nè azzardare alcun paragone con la grande commedia italiana, più del passato che del presente. Si vuole solo rispettare la loro sfacciata personalità. Che suona simpatica come l’etichetta del cattivo, perchè più dignitosa di quella del furbo.
Ciò che colpisce, invece, e in negativo, di questo molto rozzo Sharm el Sheikh, oltre alla prevedibile superficialità del prodotto in sè, che ci può stare (anche perchè con un titolo del genere ogni speranza è lasciata, per noi che entriamo in sala..) è il suo trucco vistoso (e anche sbandierato ad ogni occasione) da commedia di costume radicata nella lunga e gloriosa tradizione italica. E’ una maschera un pò meschina, perchè da questa traspare troppo chiaro un corpo da basso prodotto commerciale, identico, per calcolo, a quello natalizio. Come nei cine-panettoni nostrani, del costume, del presente, rimane la registrazione, la riproposizione tale e quale, l’accenno marcato. Ma anche, e soprattutto la sciatteria della narrazione, le situazioni costruite con l’accetta.
Sharm el Sheikh sfrutta famelico tutti gli stereotipi di oggi e quelli di sempre, propri della società e del cinema, e prima ancora del teatro. Da una parte il licenziamento in agguato, gli italiani imbecilli all’estero, l’imprenditore presidente/politico/cafone, ed idiota, la crisi di coppia, la famiglia allargata, la località turistico-esotica, le escort, le adolescenti agitati. Che non è il male maggiore del film, virus dilagante che ha contagiato da tempo anche uno come Veronesi. Come non lo sono lo sfruttamento di altre formule, vedi le corna di sempre, fatte o sognate, i dialetti di sempre, il romano contro il napoletano, gli equivoci, le gag corporee.
Insomma stessa spiaggia stesso mare, in quel pezzo di (non) Italia egiziana che ormai ci vanno tutti. Solo che a un certo punto, come detto, ed è questo che non ci convince, appunto paradosso, appare questa presa di coscienza last minute, che "banalizza", scioglie, disperde, in qualche modo, tutta la precedente sequela di battute, spinte e scivoloni.
La citazione di Una vita difficile, per esempio, nel finale del film, stride con il quanto visto fino ad allora. I Vanzina, che non sono i Dardenne, l’avevano già citata quella scena, ma l’avevano messa nel sequel di Sapore di mare , (un anno dopo), e cioè alla fine di un film nostalgico costruito intorno a situazioni gradevoli e realistiche.
Sharm el Sheikh ci è sembrato, dunque, un mostro con il corpo da cine-panettone, e la testa, o forse la fronte, da commedia di un certo livello.
Per chi se ne frega di queste analisi, e ne ha tutte le ragioni, la qualità delle gag ci è sembrata nel complesso deboluccia, e l’intera pellicola eccessivamente fondata su scene che si assomigliavano tutte fra loro, sino allo sfinimento. Brignano fa quello che t’aspetti che faccia, il se stesso comico, e Panariello più o meno quello che fa per la tv, nella pubblictà della Wind. Brava Cecilia Dazzi, il personaggio più misurato del film, e brava anche Elena Russo, la meno misurata del film, una napoletana di pieraccioniana memoria.
Sharm el Sheikh, film buono per quei tanti, (o pochi), che non sono mai stati a Sharm el Sheikh, che per un motivo o per un altro non hanno mai potuto andarci. Il lungometraggio di Giordani, che prima di oggi non ha girato film preziosi, mostra molte cartoline da laggiù. Che bello è bello, per il mare, per il deserto, e per quanto ci si può divertire.
Oggi ne parliamo così, di questo ennesimo filmetto nostro, in maniera un pò acida, ma ci sembra giusto accoglierlo in questo modo. Tra cinquant’anni, ovviamente, dopo che la commedia avrà stagionato, ne parleremo in maniera diversa. La utilizzeremo per ricordarci come eravamo, e riparleremo di cinema che registra il presente, come vale per tante commediole sciapine del passato che oggi ci sembrano avere un sapore decisamente più gustoso. Ci perdoni l’autore.
TRAILER
"Cine-castagna", lo potremmo chiamare, giocandoci su con un pò di sarcasmo. Se non fosse che nella parte finale del film, che è dozzinale dal primo all’ultimo minuto, i protagonisti, o almeno parte di questi, s’affrettino, voltagabbana, a trarre lezione dalla loro ridicole esperienze.
(Sharm el Sheikh- Un’estate indimenticabile); Regia: Ugo Fabrizio Giordani; sceneggiatura: Alfredo Arciero, Ugo Fabrizio Giordani, Massimiliano Orfei; fotografia: Vittorio Omodeo Zorini;montaggio: Alessio Doglione; interpreti: Enrico Brignano, Cecilia Dazzi, Giorgio Panariello, Michela Quattrociocche; produzione: Marco Poccioni e Marco Valsania per Medusa Film e Rodeo Drive; distribuzione: Medusa, origine: Italia, 2010
