SILENT HILL

La trasposizione su grande schermo di videogiochi di successo sembra aver avuto, negli ultimi anni, enorme fortuna. Fin dagli anni ’90 il tentativo di portare al cinema vicende ispirate a personaggi digitali, ha condotto registi ed attori a trarre spunto dalle fragili “trame” dei videogame per creare sceneggiature fedeli ma indipendenti dal gioco. Con l’evoluzione della tecnologia e con un mercato in continua espansione, la classica storia del protagonista che, superando livelli di sempre maggiore difficoltà salva la principessa rapita, comincia ad andare stretta. Si avverte l’esigenza di avere un nuovo pretesto per trascorrere molto tempo di fronte ad uno schermo. In questo modo nascono vicende sempre più complesse volte a donare al giocatore un senso di maggiore appagamento. Salvare il mondo da un’epidemia mortale o da un’invasione aliena offre quella dose di evasione che una principessa urlante non dà più. La maestria nella trasposizione filmica risiede però nel rendere accessibile la comprensione della trama anche a chi non ha mai giocato al videogioco ispiratore.
Questo film in particolare sembra non tenere conto di tutta quella fascia di pubblico che si reca al cinema semplicemente per vedere un prodotto che sia fonte di svago. Sembra invece costruito ad arte per chi non attende altro che rivedere su grande schermo il gioco davanti a cui ha trascorso nottate insonni. Sebbene si avvalga di ottimi effetti speciali, la creazione di questo mondo, di questa città fantasma, non è supportata da una adeguata ambientazione narrativa. In film come questi, che focalizzano la loro attenzione su qualcosa di soprannaturale, si avverte forte l’esigenza di una contestualizzazione che possa rendere credibile ciò che nella realtà non esiste. L’apparizione di una creatura mostruosa che, con passo lento e cadenzato, si trascina incontro alla protagonista chiudendola in un vicolo cieco, è sicuramente fonte di grande suggestione durante una sessione di gioco; è cosa assai misera se invece la si propone gratuitamente come mero espediente per la creazione di suspense. Ci si chiede spesso il perché della presenza di queste creature, che con la facilità con cui sono apparse, si dileguano nel nulla con l’avvento del nuovo giorno. Si tenta di dare valore alla storia facendo apprendere allo spettatore il burrascoso passato della cittadina fantasma, ma purtroppo non si riesce ad ordinare in modo coerente tutti i brandelli che formano questa strampalata vicenda. In sostanza, la trama rimane fragile e macchinosa e adatta ad un videogioco, ma meno ad un film.
Stanchi di vedere l’ennesima esangue e spettrale bambina dai capelli lunghi circondata da un passato misterioso, si rimpiangono i vari Tomb Raider e Resident Evil con i quali si ha almeno l’impressione di essere al cinema.
(Silent Hill) Regia: Christophe Gans; soggetto: Roger Avary; sceneggiatura: Roger Avary; fotografia: Dan Laustsen; montaggio: Sébastien Prangère; musica: Jeff Danna, Akira Yamaoka; scenografia: Carol Spier; costumi: Wendy Partridge; interpreti: Radha Mitchell (Rose Da Silva), Laurie Holden (Cybil Bennet), Sean Bean (Christopher Da Silva), Deborah Kara Unger (Dahlia Gillespie); produzione: DAVIS-FILMS, SILENT HILL DCP INC., TRISTAR PICTURES, KONAMI CORPORATION LTD.; distribuzione: EAGLE PICTURES; origine: Origine, Giappone, Usa; durata: 120’.
