Sinapupunan (Thy Womb)
Brillante Mendoza illumina la Mostra di Venezia. Sinapupunan (Thy Womb) è alto cinema, immagini pregne di emozioni e di poesia.
Come sempre nei film del regista filippino, la narrazione procede lentamente con lunghe sequenze che sfuggono il montaggio e non modificano la durata reale degli eventi, con campi vuoti che contemplano la natura e inquadrature che invece indugiano sui volti dei personaggi. Ma il risultato è una profonda indagine della natura umana, una rappresentazione visiva dell’amore, il ritratto di un popolazione filippina dalle tradizioni secolari, i Bajau per l’esattezza, i “nomadi del mare”. Mare evocato sin dai titoli di testa, bianchi, su sfondo nero, mossi però sinuosamente come fossero onde che si stagliano sulla spiaggia, e poi per tutto il film scenografia costante e addirittura vero protagonista. Il mare in Sinapupunan si fa metafora del movimento/cambiamento perenne a cui è soggetta la vita del mondo, ma contestualmente anche della sua immagine sempre uguale, della sua essenza in fondo immutabile. Perché il tempo passa sull’isola di Tawi Tawi, dove i Bajau vivono in piccoli villaggi costruiti su palafitte dall’apparenza precaria, ma sembra anche essersi fermato.
Le tradizioni di questo popolo di pescatori sono ormai secolari, la loro vita non sembra minimamente toccata dal progresso (l’unici oggetti “moderni” sono i motori delle barche) e il loro piccolo cosmo appare staccato dal resto del pianeta. In questo universo immerso nel mare, Mendoza ci racconta la storia di una levatrice che non può avere figli e che come più alto gesto d’amore nei confronti del marito, desideroso di diventare padre, gli consente di sposarsi con un’altra donna. E lo fa con una messa in scena che sussurra dolcezza nei confronti della sua protagonista, che sprigiona poesia quando si sofferma sugli splendidi paesaggi naturali, che lascia al contempo inquietudine e piacevole stupore quando si immerge in mare, che a volte si rende quasi fastidiosa alla vista quando non lascia nulla all’implicito nel mostrarci sgozzamenti di animali e parti.
Thy Womb vive in bilico tra lo “sporco”, il crudo, e un’anima delicata, quasi melodica. Mendoza muove a mano o su precarie imbarcazioni la macchina da presa, e si immerge come un antropologo nella cultura e nelle tradizioni dei Bajau, tra pesche, balli, matrimoni, seguendo passo passo le peregrinazioni della coppia in cerca di una nuova moglie per l’insoddisfatto marito. E ciò che rimane di più dell’opera è forse proprio il rapporto sentimentale tra i due protagonisti, un amore letto da Mendoza sui loro volti che lentamente prende il sopravvento nel film sul maestoso e affascinante contorno “culturale”. Un legame che nel finale scivola ovviamente nella gelosia e che acquista potenza sullo schermo grazie anche e soprattutto all’interpretazione sontuosa della diva filippina Nora Aunor. Una perla che brilla in una pellicola che tocca il cuore.
(Sinapupunan) Regia: Brillante Mendoza; sceneggiatura: Henry Burgos; fotografia: Odyssey Flores; montaggio: Kats Serraon; musica: Teresa Barrozo; interpreti: Nora Aunor, Mercedes Cabral, Lovi Poe, Bembol Rocco; produzione: Centerstage Productions, Film Development Council of the Philippines; origine: Filippine; durata: 100’.