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L’uomo che ride

Pubblicato il 8 settembre 2012 da Luca Lardieri

VOTO:

L'uomo che ride

Jean-Pierre Améris torna alla regia a due anni di distanza dal successo mondiale di Emotivi anonimi, sua prima commedia dopo ben sei film drammatici, con un adattamento del romanzo di Victor Hugo L’uomo che ride. Ritorno piuttosto interessante visto che realizza un film a metà strada tra classico in costume e fantasy alla Tim Burton. Le scenografie, bellissime e completamente ricostruite in teatri di posa, si fondono e diventano uno dei personaggi principali del lungometraggio che tra poesia e surrealismo trasporta lo spettatore all’interno di un mondo altro che ci racconta di amore e di miseria, di destino avverso, coraggio e ambiguità.

Gwynplaine, bambino sfigurato in volto e costretto a vivere con una cicatrice lungo la bocca che ricorda un ghigno satanico, incontra prima una povera bambina cieca, Dea, e poi un saltimbanco di nome Ursus. Quest’ultimo li adotta e li porta in giro con sè scrivendo e mettendo in scena storie d’amore che riguardano il giovane Gwynplaine, il suo ghigno e il sentimento che a poco a poco nasce tra lui e Dea. Passano gli anni e i loro spettacoli diventano talmente famosi che attirano l’interesse della Duchessa, la quale si invaghirà del giovane ragazzo e porterà alla luce un’incredibile verità.
Un film ben scritto, poetico e che non ha alcuna pretesa se non quella di intrattenere il pubblico con un prodotto di qualità. Nel corso del film verranno alla luce diverse metafore e discorsi che rimandano alla crisi del mondo contemporaneo in cui la ricchezza di pochi determina la povertà ed il malessere di molte persone, mettendo in risalto la genialità e la lungimiranza di Victor Hugo e del suo romanzo, pubblicato nell’aprile del 1869. Améris è abile nel conniugare vari stili, dal dramma alla commedia passando per il fantasy, facendo risaltare le proprie grandissime abilità di narratore e un percorso artistico di valore assoluto che lo stanno portando verso una maturazione tale da renderlo uno degli autori cinepop più interessanti del panorama europeo. La riduzione cinematografica di uno dei libri più belli di Hugo e tra i più ricchi di stili differenti che spaziano dalla poesia alla filosofia fino a giungere al teatro non annoia e convince. Il regista transalpino si muove con destrezza e senza forzature tra i vari registri senza mai appesantire la narrazione e appagando anche l’occhio dello spettatore con una estetica sopraffina. Trasporre quest’opera in appena 95’ di film non era compito facile e le varie, inevitabili omissioni, non tradiscono il senso finale dell’opera che ci mostra una sorta di happy ending camuffato assai complesso da rispettare in maniera rigorosa. Jean-Pierre Améris c’è riuscito pienamente. Bellissima poi per scenografie, costumi, fotografia e scelta delle inquadrature la scena del discorso di Gwynplaine alla camera dei lord, climax e fulcro attorno al quale gira tutto il film.
Davvero una bella sorpresa.


CAST & CREDITS

(L’homme qui rit); Regia: Jean-Pierre Améris; sceneggiatura: Jean-Pierre Améris e Guillaume Laurant tratta dal romanzo di Victor Hugo L’homme qui rit; fotografia: Gérard Simon; montaggio: Philippe Bourgueil; interpreti: Marc-André Grondin, Christa Theret, Gérard Depardieu, Emmanuelle Seigner; produzione: Europa Corp., Okko Productions; origine: France/Czech Republic 2012; durata: 95’;


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