Je tozhe hochu
Cinque anni fa Alexej Balabanov aveva colpito l’intera mostra del cinema di Venezia con la sua rappresentazione, macabra e grottesca, di una Russia disfatta e senza speranza. Cargo 200 era apparso, nella sua freddezza, una magnifica rappresentazione del impero di Putin. Una scoperta tanto interessare da rendere elettrizzante l’attesa per la sua ultima fatica, Je tozhe hochu (Me too). Un attesa forse troppo grande, ampiamente delusa da una pellicola che sembra voler richiamare le atmosfere e i temi del successo precedete, senza però averne la stessa forza ed incisività.
Oppressi dallo stesso cielo grigio, componente più che atmosferica spesso presente nelle pellicole russe, il Bandito e il Musicista partono alla ricerca del campanile della felicità, luogo magico in grado, secondo le leggende, di trasportare alla vera felicità. Ma il cammino per giungere in questo mistico luogo è difficile e impervio. Chi si spinge fino a questa chiesa dovrà infatti attraversare una zona di perenne inverno nucleare, trovando sulla sua strada i cadaveri di chi lo ha preceduto. È ancora dunque morte, desolazione, un altrove impossibile, il metodo che Alexej Balabanov sceglie per rappresentare la difficile situazione del suo paese. Più che evidente, sin dal sogno stesso dei protagonisti, è infatti la volontà di mostrare, fra le pieghe di questo scarno racconto, un quadro della Russia di oggi, sempre più schiacciata da una terribile e incontrastabile oligarchia. In un luogo così la felicità si trasforma necessariamente in un altrove quasi irraggiungibile, in un sogno, un’utopia. La realtà infatti è più simile al deserto di neve nucleare che circonda il magico campanile, in cui ognuno lotta con se e per se e il cui premio finale è spesso, solo la morte.
Premesse queste di un racconto interessante che si perde però fra le pieghe di un film approssimativo. Le potenzialità della trama finiscono per diluirsi in lunghi dialoghi privi di un profondo significato e in un viaggio che, persa la sua valenza metaforica, mette alla prova la resistenza degli spettatori. Anche la regia e la fotografia della pellicola, punti di forza delle opere precedenti di Alexej Balabanov risultano piatte, monotone, anche quando, davanti al mistico campanile della felicità, potrebbero aggiungere un pizzico di luce ad una pellicola buia.
(Ja tozhe hochu ); Regia e sceneggiatura : Alexej Balabanov; interpreti: Yurii Matveev, Alexander Mosin, Oleg Garkusha, Alisa Shitikova Balabanov; origine: Russia, 2012; durata: 89’