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Sogno il mondo il venerdì

Pubblicato il 28 ottobre 2009 da Edoardo Zaccagnini


Sogno il mondo il venerdì

Il fatto che il film sia stato presentato a Locarno, di per sè, è già una garanzia: Locarno vuol dire sperimentazione e sperimentazione vuol dire libertà. E pasquale Marrazzo, non un ragazzino, non un esordiente, non uno che ha preso ieri la macchina da presa in mano, questa cosa la sa bene. Ecco perchè presenta cosi’, nel catalogo del Festival di Locarno 62, il suo lungometraggio energico, irriverente, vitale e doloroso: Questo film è la ricerca a tutto tondo di un racconto che tenta di interrompere le logiche di narrazione "precostituite", che tutti oggi chiamano mainstream. E’ un gioco pericoloso perchè ci si espone agli attacchi di tutti quelli che vorrebbero un solo modo di affacciarsi allo spettacolo che un film produce. Tutto deve essere detto, nessun personaggio deve sfuggire alla trasparenza e tutte le azioni devono portare alla pulizia totale e al racconto di tipo televisivo, per non parlare del finale che deve essere assolutamente propositivo, con il rischio che un film sul razzismo diventi paradossalmente un film razzista.....
Sogno il mondo il venerdi’ è la messa in pratica di queste parole, e di queste altre che seguono, sempre scritte da Marrazzo sul film: forse bisognerebbe chiarire a noi stessi che la sperimentazione è la vera chiave di libertà perchè produce nuove cose e naturalmente bisogna anche accettare che questo modo porta in sè, come "conditio sine qua non", l’errore. Marrazzo sembra aver chiarito benissimo il suo film, compresi i rischi dell’errore di cui il suo lavoro non è privo. In Sogno il mondo il venerdì c’è tutto quello espresso dalle parole dell’autore ma non solo. Il film è una storia corale, di vite ai margini, abitanti tutte in un luogo che ben si presta a raccoglierle: una periferia milanese non estranea al recente cinema d’autore italiano. Ci vengono in mente Come L’ombra di Marina Spada, Fame Chimica di Vari e Bocola e il piu’ recente Fuga dal call center di Federico Rizzo. Questo per dire del radicamento che il film di Marrazzo ha con il territorio in cui si installa, un contesto attivo ed importante, per quello che produce, per la vita che plasma, e che il cinema in qualche modo sta raccogliendo. Del resto, e più in generale, l’opera di Marrazzo non si è mai occupata di quartieri borghesi, di vite da zona residenziale, di appartamenti borghesi con libreria bianca, tende e parquet. Il suo cinema ha raccontato sinora storie di dolore e ribellione riguardanti emarginati e casi limite. Un serbatoio tematico sintetizzabile con la parola "solitudine", concetto che meglio di tutti, secondo noi, costituisce il cuore del cinema marrazziano. Temi come la disabilità, l’assenza della famiglia, l’omosessualità, la ricerca della via di uscita da una situazione di sofferenza, confluenti tutti in un ovvio e forte desiderio di amore, appartenevano già ai precedenti A sud del sole e ad Anime Veloci. Con quest’ultimo titolo che sintetizza perfettamente il carattere dei personaggi di Sogno il mondo il venerdì. "Anime", appunto, ricche di energia e disperatamente in lotta per fermare un’emorragia che dissipa questo enorme fluire di vita. "Veloci" per la grande quantitä di movimento, non solo fisico che esse producono. Sta qui, in questa confusione dolorosa, il centro dei tanti personaggi che lottano, anche tra loro, nel film italiano che Locarno presenta nella sezione "cineasti del presente".
Sogno il mondo il venerdì è un’estate milanese, per citare il Garrone di Estate romana, film con cui questo di Marrazzo sembra avere qualche sottile analogia. E’ simile l’atmosfera meteorologica e la coralità umana che vi si trova immersa, ma è diversa la quantitä di energia che i due gruppi di protagonisti hanno a disposizione. Non è un caso che quelli di Marrazzo posseggano una vitalità disperata (non vuole essere una citazione pasoliniana) che gli dia il coraggio e la forza di bloccare il dramma e mettersi a cantare. Tra gli aspetti sperimentali del film, infatti, almeno nell’ambito di un cinema italiano assai poco avvezzo a questo tipo di avventure (certo, c’è appena stato l’esempio di Tutta colpa di Giuda di Ferrario, ma non vengono in mente altri fenomeni che possano farci pensare a qualcosa di abituale) c’è da segnalare l’originalità con cui Sogno il mondo il venerdì affida veri e propri brani musicali alle voci e ai corpi dei protagonisti. E se il rapporto con Garrone circa le canicola estiva costituiva una analogia sottile, il rapporto di Marrazzo con il cinema di Demy sembra in questo senso fortissimo. Le canzoni di Sogno il mondo il venerdì sono state scritte tutte da Marrazzo tranne che l’ultima, affidata all’attrice Marianne Faithfull. E’ sperimentale tutto questo, come lo è la destrutturazione della narrazione, faticosa, ammettiamolo, per lo spettatore. Ci vuole forza e passione per correre dietro alle corse affannate dei protagonisti, per capire tutti i loro perchè. E non abbiamo sempre voglia di abbandonarli, nel cuore della loro lotta, del loro dramma, perchè un altro di loro ci chiama ad assisterlo. E’ convulso il film, scomodo nella forma ma vivo. Rischia spesso di rompere il legame di fiducia con lo spettatore ma la sua energia lo salva, l’opera alla fine esiste, l’anima del film l’ha sostenuta anche nei momenti piu’ difficili.


CAST & CREDITS

Regia: Pasquale Marrazzo; Sceneggiatura: Nicola Savaral; Montaggio: Luca Trivulso; Intrerpreti: Anis Garbi, Giovanni Brignola, Laura Ferrari, Elena Callegari, Domenico Balsamo, Valentin; Produzione: Noi film, The family.


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