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Source Code

Pubblicato il 29 aprile 2011 da Marco Di Cesare


Source Code

E così un altro spicchio di Inghilterra è sbarcato in America, portando con sé quel certo caro, vecchio, spirito britannico che si accompagna a uno sguardo straniero, indagatore e anche innovatore mentre percorre e rivitalizza talune vaste e desolate lande statunitensi (nelle quali per molti sarebbe alquanto facile perdersi), per nulla intimorito da certo rumoroso bailamme hollywoodiano. Piuttosto quella del regista Duncan Jones è una voce tenue eppure sicura di sé che incarna uno spirito libero e nomade capace di rappresentare un intero mondo: nella fattispecie una visione personale di un genere, quello fantascientifico, osservato da un’angolazione tipicamente umanista che, purtroppo, negli ultimi anni non è stata molto frequentata sul grande schermo, in particolare al di là dell’Atlantico.
L’autore di quella piccola perla che si intitola Moon (stella polare in particolare per chi vuole approcciarsi a una science fiction low budget preziosa grazie alle idee che porta in scena) ha per l’appunto attraversato l’Oceano per giungere fino alla terra delle opportunità - dove l’oro può luccicare con maggiore fervore e intensità – ma senza che ciò lo abbia spinto a variare il suo approccio stilistico, giacché non è mutata l’attenzione verso le cose piccole e minute e gli altrettanto minimalisti moti dell’animo. E sempre la solitudine, assieme alla volontà di superare tale condizione fisica e dell’essere, domina il cinema del regista britannico. E qui, in Source Code (malgrado la sceneggiatura non sia stata scritta da Jones, bensì dal Ben Ripley di Species III e IV), si può ritrovare l’amplificazione di quella coazione a ripetere che già si faceva notare nel continuo ciclo di vita-morte che era diventato l’eterno destino del clone Sam Bell (splendidamente interpretato da Sam Rockwell). E anche stavolta protagonista è un uomo che non sa di essere quello che in realtà è, individuo che agisce nella solitudine, più che altro agito dall’esterno, esperimento sotto gli sguardi altrui, di coloro che sanno quello che lui non sa. Questo è il punto di inizio dell’intreccio che vede il soldato Colter Stevens divenire parte fondamentale di un esperimento, la cui mente sarà costretta a rivivere gli ultimi otto minuti di vita di un’altra persona, Sean Fentress, uno dei pendolari uccisi in un attentato terroristico su un treno diretto verso Chicago. E il ’Source Code’ è il software che, adattandosi perfettamente all’impronta mentale di Stevens, potrà salvare delle vite, se si riuscirà a scoprire in tempo l’identità dell’attentatore, che ha intenzione di far esplodere un potentissimo ordigno nucleare nella metropoli dell’Illinois, spinto dalla macabra convinzione che «Bisogna distruggere per poter ricostruire».
La ripetizione di frammenti di uguale durata, ma di sempre diversa consistenza (visto il loro continuo arricchirsi di particolari, man mano che l’intrigo e la trama thriller si dispiegano), vanno a costituire una corsa contro il tempo ma, anche, nel tempo, uno scorrere veloce e vorticoso figurativamente ben reso tramite il treno, luogo e oggetto che simboleggia la ricerca di una direzionalità che attraversa la dimensione spaziotemporale, divenendo luogo privilegiato per la messa in scena di un set comunque lineare - nel vero senso della parola – malgrado la frammentazione di un discorso che vive all’interno di una dicotomia di continuo sviluppo/avviluppo, mescolando una narrazione moderna a un’altra più classica. E, allo stesso modo con cui si incontrano e si incrociano i destini di individui sconosciuti, così l’intera pellicola tratta della comunicazione tra mondi paralleli e distanti, alla ricerca della possibilità di un dialogo. Una visione che si ripete nell’intrecciarsi di vari generi con la sci fi: azione, thriller, romance, in un equilibrio ben plasmato dalla mano precisa e attenta di Jones che fa corrispondere contenuto, forma e narrazione col proposito, divenuto qui una poetica, di mostrare la possibilità per quei mondi lontani di compenetrarsi a vicenda, realtà che possono essere alterate, divenendo fluide, come un uomo, come un treno, come i suoi passeggeri che viaggiano cercando la pace ultima del corpo e della mente, incontro a una meta oramai ineluttabile e ineludibile.


CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL FILM


CAST & CREDITS

(id.); Regia: Duncan Jones; sceneggiatura: Ben Ripley; fotografia: Don Burgess; montaggio: Paul Hirsch; musica: Chris Bacon; interpreti: Jake Gyllenhaal (Colter Stevens), Michelle Monaghan (Christina Warren), Vera Farmiga (Colleen Goodwin), Jeffrey Wright (Dott. Rutledge); produzione: The Mark Gordon Company e Vendome Pictures; distribuzione: 01 Distribution; origine: USA e Francia, 2011; durata: 93’; web info: sito ufficiale, sito internazionale.


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