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STAY - NEL LABIRINTO DELLA MENTE

Pubblicato il 3 marzo 2006 da Matteo Botrugno


STAY - NEL LABIRINTO DELLA MENTE

Dopo averci emozionato con Monster’s ball e fatto versare fiumi di lacrime con Neverland - Un sogno per la vita, torna l’eclettico Marc Forster con un lavoro in cui si avverte più di una volta un forte senso di déja-vù, ma non per questo banale o poco affascinante. Probabilmente non era neanche negli interessi del regista dirigere un film che dicesse qualcosa di nuovo, e questo lo testimoniano non solo le dichiarate influenze artistiche, omaggio al cinema psichedelico degli anni ’60 e ’70 e a Petunia di Richard Lester, ma anche i riferimenti meno espliciti, e specialmente all’opera di David Lynch e a L’inquilino del terzo piano di Roman Polanski.
Forster riesce invece a conquistarci con un lavoro la cui trama non è facilmente riassumibile in poche righe. Basti sapere che Stay - Nel labirinto della mente, è un grande puzzle in cui ogni tassello-personaggio non ha solo una possibilità d’incastro, ma risulta intercambiabile, e la sua funzione è diversa a seconda della posizione in cui viene posto. Ad emergere è sicuramente Ryan Gosling, che, dopo The believer, si trova di nuovo nei panni di un personaggio ambiguo e vittima del suo stato d’animo tormentato. Lo psichiatra interpretato da Ewan McGregor sembra essere influenzato dall’inquietudine interiore del ragazzo, e ne percorre gli allucinati labirinti mentali. La bella e versatile Naomi Watts, chiude il singolare triangolo, con un personaggio, fragile e combattivo allo stesso tempo, che fa da ponte tra i due.
Al di là delle buone prove degli attori, ciò che affascina di più nell’opera del regista tedesco è la capacità di saper disegnare una realtà totalmente distorta e difficilmente considerabile come unica possibile. Oltre a mostrarci una New York inedita, le cui strade, i grattacieli e lo stesso ponte di Brooklin divengono teatro di situazioni inspiegabili razionalmente, Forster, che già con Neverland aveva dimostrato di possedere un acuto senso del visionario, si dimostra un abile artigiano dell’immagine. Inquadrature inclinate in cui si avverte la predominanza di colori acidi, rampe di scale che sembrano non portare da nessuna parte, continui particolari e riferimenti che ritornano in diversi punti del film: tutto è funzionale alla costruzione di un limbo in cui vita e morte, realtà e allucinazione si intrecciano in maniera inesorabile. Tutto ciò non viene costruito solo con l’ausilio dell’ottima fotografia di Roberto Schaeffer, ma anche con l’uso mai invadente di effetti visivi in post-produzione, in cui fotografie della famiglia del ragazzo malato di mente si sovrappongono a cascate di colori accesi e sbiaditi, ricreati in computer grafica, che diventano la rappresentazione dei processi mentali di una personalità tormentata dalla malinconia del ricordo e dal dramma della vita.
Anche le microstorie inserite per rendere ancora più enigmatico il film, sono curate fin nei minimi dettagli, frutto questo non solo di una regia accurata, ma anche della buona sceneggiatura di David Benioff, autore che preferiamo ricordare per il romanzo La venticinquesima ora, piuttosto che per lo scadente Troy. In Stay troviamo intrecciati destini diversi, ricordi d’infanzia, riferimenti a pittori suicidi mai esistiti e a ciechi che tornano a vedere. Molti lati dell’essere umano stesso vengono appena sfiorati, per poi scivolare di nuovo verso l’oblio; le metafore sui rapporti umani, sul senso della vita e sul concetto stesso di obiettività, non cedono alla retorica, ma piuttosto rafforzano l’enigmaticità della vicenda.
Stay però non è Mulholland Drive, così come Forster non è Lynch. Se il fine del film tuttavia, pur tenendo conto delle tante influenze e di trovate non sempre originalissime, era quello di giocare con la realtà e con la stessa immagine cinematografica, l’autore tedesco ha centrato completamente il bersaglio. E il fine, a volte, giustifica i mezzi.

(Stay) Regia: Marc Forster; soggetto e sceneggiatura: David Benioff; fotografia: Roberto Schaeffer; montaggio: Matt Chesse; musica: Asche & Spencer; scenografia: Kevin Thompson; costumi: Frank L. Fleming; effetti: Intelligent Creatures; interpreti: Ewan McGregor (Sam Foster), Ryan Gosling (Henry Letham), Naomi Watts (Lila Culpepper), Elisabeth Reaser (Athena), Bob Hoskins (Dottor Leon Patterson); produzione: New Regency Pictures, Regency Enterprises; distribuzione: 20th Century Fox Italia, 2006; origine: USA; durata: 99’; web info: Sito ufficiale.

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