Tavola rotonda Nuovissimo Cinema Cileno
I cavalieri cileni della macchina da presa si sono ritrovati a Palazzo Gradari di Pesaro, per raccontare ai giornalisti e agli appassionati di cinema, l’ormai lunga stagione cinematografica che, dal 2003 a oggi, ha conquistato pareri positivi nei festival di tutto il mondo. Erano presenti Sebastián Lelio, Matíaz Bize, Alejandro Fernández Almendras, Ignacio Rodríguez, lo sceneggiatore, critico cinematografico Gonzalo Maza e il produttore Tomás Arriagada.
Una parte di un bel gruppo di registi (in tutto sono una ventina), che vuole mettere in crisi le forme espressive tipiche del cinema cileno e che ha, nel suo arco, la freccia più appuntita nell’estetica di Pablo Larraìn, che da maggio è nelle sale del circuito internazionale con il film No-I giorni dell’arcobaleno. Un cinema che impugna le “armi”, come ha sottolineato Gonzalo Maza, per fidelizzare il pubblico cileno a linguaggi che non siano per forza appannaggio della commedia sexy, genere quest’ultimo che sta occupando la maggior parte delle sale cinematografiche da decenni.
Il Cile è un paese che corre e, negli ultimi anni, presenta, dopo l’Argentina, il migliore rapporto tra crescita e qualità della vita. Sembrano essere lontani i tempi della dittatura di Pinochet (1973-1990), capace di distruggere quella grande stagione, detta del Nuovo Cinema, caratterizzata dai movimenti di macchina di Miguel Littín, Patricio Guzmán, Raúl Ruiz e altri bravi registi. In realtà ci vorrà del tempo per attenuare, e non parliamo ovviamente solo di settima arte, i danni prodotti da quel periodo.
All’inizio percepivamo la modernità del paese di contro all’arretratezza del nostro cinema, ha dichiarato Lelio, sicuramente il massimo esponente qui a Pesaro, insieme a Bize, di quell’esplosione verso l’esterno, copyright di Giovanni Spagnoletti, che emoziona i cinefili dei circuiti festivalieri e che ancora non riesce a palesarsi nel proprio paese dove, per un artista, e vi rimandiamo al film su Violeta Parra di Andres Wood, è sempre difficile avere la fiducia, l’amore del pubblico. Ma l’elemento più interessante emerso dalla lunga chiacchierata è la presa di coscienza di interagire con linguaggi completamente diversi l’uno dall’altro, accomunati da un bisogno all’azione impellente e necessario. Sprovvisti di padri formali, "annientati" da Pinochet, questi giovani hanno compreso le ragioni per rinnovare sostanzialmente l’ordine espressivo del loro immaginario.
Il percorso tuttavia è difficile visto che ci si trova di fronte ad un bivio: da un lato l’innamoramento dei circuiti festivalieri mondiali, da Cannes al Sundance , nei confronti di questi giovani autori, e dall’altra la frustrazione nel dover lottare, in patria, sul versante distributivo. La produzione aumenta e il sistema statale, che dovrebbe garantire l’”esplosione”, è viceversa obsoleto, quasi fosse metafora degli anni della dittatura. Il rischio potrebbe portare a considerare questa stagione come adatta solo per i festival, mentre Lelio e company hanno le idee molto chiare: non possiamo permetterci di guardare esclusivamente ai risultati che stiamo ottenendo in giro per il mondo. Dobbiamo trovare il modo di intercettare il grande pubblico, le masse del nostro paese ed entrare in un meccanismo di distribuzione internazionale. Almendras ha poi rincarato la dose: sono anni che protestiamo con le nostre istituzioni per una totale riconfigurazione delle leggi sul cinema, ma il nostro sistema è collassato mentre i privati, coloro che potrebbero aiutarci, essendosi arricchiti in questi anni di sviluppo economico, non conoscono il termine filantropia.
Quasi due ore di dibattito in cui sono risultati molto interessanti anche gli interventi del regista Vincenzo Marra, in giuria qui a Pesaro, e del critico ed esperto di cinema sudamericano Guido Ottone. Il primo, che per metà anno vive stabilmente a Santiago, ha espresso ottimismo per un percorso comune tra Cile e Italia dopo un recente accordo tra i due paesi. Ottone invece, considerando, a differenza di Maza, il Nuovissimo Cileno, non tanto un cinema intimista e raccolto quanto prettamente antropologico e fluido nel suo incedere, ha dato ulteriore dimostrazione di quanto sia vivo e pulsante il dibattito su questi talenti, che già sono in fase di scrittura per nuovi e stimolanti progetti.